REDAZIONE PONTEDERA

Il fantasma ergastolano con il profilo Facebook

Ismail Kammoun evase nel 2017 durante un permesso premio e ha fatto sparire le su tracce. E restano tante domande in sospeso

VOLTERRA

Il suo profilo Facebook, desaparecido dall’etere per mesi dopo l’evasione avvenuta nel luglio 2017 durante un permesso premio, è ancora un timbro impresso nella costellazione social. Ismail Kammoun (con il curioso scambio di vocali vergato nel cognome sul profilo Facebook in Kammuon), ha ancora la sua pagina Facebook con i suoi sette contatti e due foto, un selfie in treno e un’immagine scattata in un porticciolo nel 2016. Un account prima cancellato, poi ripristinato e che ancora è possibile rintacciare dal social. Perchè il profilo di un ricercato è su Facebook? Non lo ha cancellato? Eppure i social possono, eccome, lasciare tracce. L’utente, che tiene in auge un profilo social senza averlo sparato nella spazzatura del cyberspazio, è nientedimeno che un ergastolano condannato per mafia e ricercato dal 2017, quando usufruendo di un permesso premio, se la svignò facendo perdere ogni suo passo. Kammoun, classe ‘62’, nato in Tunisia, è ancora latitante. A differenza di altri suoi compagni di cella a Volterra, vedi il detenuto 43enne pisano evaso dal Maschio durante un permesso di lavoro nell’agosto dello scorso anno e arrestato due giorni fa alle porte di Firenze. Cosa aveva da nascondere il fine-pena-mai tunisino, descritto come un galeotto modello? Troppo, evidentemente, forse un traboccante abisso di misteri che le celle non potevano più contenere. La mafia è il primo punto. Ci aveva fatto affari eccome, Ismail, almeno dall’età di 13 anni, quando arrivò in Sicilia e pian piano le sue mani si macchiarono di sangue, legandosi alla cupola del clan Brancaccio. Fu il pentito Salvatore Grigoli, ex macellaio del crimine, braccio armato dei potenti boss Graviano e colui che uccise don Pino Puglisi - oltre a essere stato accusato della strage di via dei Georgofili e del sequestro del piccolo Giuseppe di Matteo, il cui corpo fu disciolto nell’acido anche su ordine del boss dei boss Matteo Messina Denaro (arrestato lo scorso lunedì dopo 30 anni di latitanza, ndr) - a rivelare la condanna a morte nei confronti di Kammoun da parte di Cosa Nostra. Una dichiarazione che fece scendere Kammoun nei baratri del fine-pena-mai. Ma lui si è sempre dichiarato innocente. Il tunisino era reo di aver violato gli schemi dei clan malavitosi, secondo il pentito Grigoli. Aveva pestato i piedi a qualche boss. E la Cupola non condona, né perdona. Quindi: dove è finito l’ ergastolano scappato (non è dato sapere se ancora ricercato) dal luglio 2017? Chi erano i suoi fiancheggiatori durante un’evasione pianificata? Se le tracce, qualche settimana dopo l’evasione, riportavano in Sicilia, a Marsala e Mazzara del Vallo, perché da lì sembrarono svanite? L’ergastolano era anche un fervido islamista. La pista di una fuga per abbracciare la ‘guerra santa’ dei fondamentalisti islamici fu subito esclusa dalla Procura. Ma gli interrogativi restano. Vittima del suo stesso gioco, o vittima di una condanna mai andata in prescrizione?

Ilenia Pistolesi