
La strada da fare è ancora lunga e quello che serve è un cambiamento profondo nel tessuto sociale, ma il percorso intrapreso 40 anni fa con l’abolizione del ’delitto d’onore’ è quello giusto. Un pubblico attento e partecipe ha preso parte all’incontro organizzato dalla Commissione pari opportunità del Comune che aveva per tema proprio l’analisi di cosa è successo nel nostro Paese nei quarant’anni intercorsi dall’abolizione del delitto d’onore, appunto, e nel tragico diffondersi dei femminicidi. L’evento si è svolto nell’auditorium di Casa Concia a Ponte a Egola e dopo i saluti del padrone di casa Simone Remi, felice di poter ospitare il secondo appuntamento dopo la fine delle restizioni causa Covid, l’assessora Elisa Montanelli insieme alla presidente della Commissione Elise Bianchi hanno ringraziato le persone intervenute e quelle che hanno organizzato il convegno per poi passare la parola al giornalista Roberto Ippolito, che ha introdotto le relatrici e guidato lo svolgersi della conferenza. Un dibattito incentrato su un tema forte che ha coinvolto la platea, composta in massima parte da donne, attenta e partecipe del tema trattato. E’ emerso un quadro che se non può certo definirsi incoraggiante - le statistiche impietosamente parlano di un femminicidio ogni tre giorni - segna però cambiamenti nel pensiero comune e nella legge che spingono a continuare nel percorso intrapreso con sempre maggiore impegno. La sociologa e professoressa dell’università di Firenze Angela Perulli ha chiarito come la ’violenza di prossimità’ è dove si consumano i femminicidi. “Quando c’era il delitto d’onore - ha detto Perulli - la legge, il sentire comune e il reato erano ’allineati’". Oggi, per fortuna, non è più così, perché la legge è cambiata e il sentire comune anche. Il lungo cammino fatto dalla legislazione in materia di diritti e tutela delle donne è stato ricordato dall’avvocata e vicepresidente dell’ordine degli avvocati di Pisa, Lucia Vergine, che ha anche motivato perché, temporalmente, il delitto d’onore sia stato l’ultimo a venire cancellato dal codic, perché “di fatto rispecchiava l’organizzazione patriacale della nostra società“. Un aspetto sui cui è intervenuta anche l’avvocata e vicepresidente del Soroptimist Valdarno inferiore Patrizia Di Pasquale, evidenziando come il recente pronunciamento della Corte di Cassazione che ha dichiarato illegittima l’attribuzione in automatico del cognome paterno ai figli abbia di fatto sancito il tramonto dell’istituto patriarcale. "Restano tanti problemi tecnico-pratici da risolvere – ha detto Di Pasquale – e su questi dovrà intervenire il legislatore, ma l’avere chiarito che negare il cognome materno ai figli significa cancellare l’identità della madre è stato fondamentale per cambiare anche la mentalità nei confronti delle donne, togliendole dal ruolo subordinato a cui tale pratica le ha relegate". E infine sull’importanza del linguaggio nel formare le opinioni e i comportamenti è intervenuta la nostra collega Francesca Cavini.