Luca Lotti e il caso Consip: "Quell’incubo è finito, ora rifletta anche il Pd. Ma io resto nel partito"

Il riformista dem assolto: “In questi anni molti mi hanno voltato le spalle. Renzi? I rapporti personali restano buoni, ci sono ancora cose da chiarire"

Luca Lotti, classe 1982, è stato ministro per lo Sport dal 2016 al 2018

Luca Lotti, classe 1982, è stato ministro per lo Sport dal 2016 al 2018

Onorevole Luca Lotti, l’assoluzione sul caso Consip è la fine di un incubo, lo ha detto lei. Che cos’è successo nell’incubo?

"È successo che è cambiata la mia vita. È successo quello che non dovrebbe accadere in un Paese civile: si sbatte il mostro – di turno – in prima pagina e per sette anni si raccontano fatti non veri, dando giudizi definitivi. Poi si scopre la verità, si fa giustizia, ma dopo 2.635 giorni in cui vite e carriere politiche o professionali vengono letteralmente distrutte. Occorre riflettere su questo ed è bene che lo faccia in primis la politica".

Crede di essere stato bersaglio o aver pagato per conto di altri?

"Bersaglio di sicuro. Hanno colpito me non su ipotesi di reato, ma su un reato di ipotesi. Il perché non mi sfugge, in quel periodo seppur giovani e inesperti e, magari facendo alcuni errori, avevamo la voglia e l’entusiasmo per cambiare il Paese. Diciamo che la cosa non è piaciuta a qualcuno…".

Ha vissuto anni di isolamento nel Pd: crede sia stato questo il prezzo da pagare?

"Ciascun mestiere mette in conto un prezzo da pagare, ma non è questo il punto perché qui si è provato a mettere in discussione la mia onorabilità. Ho difeso e protetto il Pd quando Renzi è uscito ed è solo grazie a questo, insieme a Lorenzo Guerini e tanti amici riformisti, se nella passata legislatura i gruppi in Parlamento sono rimasti in piedi. Qualcuno a Roma e a livello locale ha, invece, in modo vigliacco, pensato di eliminare e vendicare un periodo storico vissuto dal nostro partito. È lì che si è perso il senso di comunità".

Quanto ha inciso questa vicenda sulla sua vita?

"Molto. Sono cambiate tante cose. Ho visto persone girare le spalle, sparire ma fino a qualche mese prima, mi inseguivano sotto casa. Ma ho anche avuto amici veri e ne ho trovati di nuovi che non finirò mai di ringraziare".

Come spiegherà quel che è accaduto ai suoi figli?

"L’ho fatto l’altra sera quando le cose si sono un po’ calmate. Anche loro hanno sofferto in questi anni. Non so se hanno capito tutto, ma so che potranno, un giorno, rileggere questa storia e guardare in faccia il loro babbo come una persona perbene".

In questi anni si è interrotta anche una lunga amicizia, quella con Renzi. Lui sostiene che il motivo è stato la sua scelta di restare in un Pd "non più garantista ma giustizialista". È così?

"Con Renzi dal punto di vista personale siamo in buoni rapporti, anche se ci sono cose da chiarire. Io ho scelto di rimanere nel Pd per la coerenza con l’impegno assunto con gli elettori e il non accettare che il Pd si trasformi in qualcosa che non è nel suo Dna. Un partito rancoroso e giustizialista che insegue il populismo anziché impegnarsi a costruire consenso".

Qualcuno le ha chiesto scusa?

"Non servono le scuse, spererei piuttosto in una riflessione più ampia, dentro il Pd e non solo, su che cosa significa essere garantisti oggi nel solco di quella Costituzione che è frutto del sacrificio di uomini come il partigiano Silvano Sarti che vengono ricordati ma forse poco ‘compresi’. In politica i nemici si combattono sul campo, con le idee e non con le inchieste giudiziarie".

Politica, un amore che non si scorda.

"Ho la tessera Pd, porto avanti la linea riformista. Si riparte. Sorriso sulle labbra, testa alta, senza rancore. Sono abituato a lottare".