DAVID ALLEGRANTI
Politica

Il Mes strumento di lotta della Lega di governo

L’imbarazzo post voto. Al ministro Giorgetti viene posta una questione di credibilità: con che faccia la prossima volta potrà difendere il proprio operato nel corso di una trattativa, sapendo che il suo partito potrà facilmente sconfessarlo?

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

Firenze, 24 dicembre 2023 – È già passato alla storia (non esageriamo: alla cronaca) il voto della Camera che ha bocciato la ratifica delle modifiche al trattato del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità: 72 sì, 184 no e 44 astenuti. Dietro i numeri ci sono questioni politiche da analizzare. Una prima questione riguarda la maggioranza, che si è spaccata. Fratelli d’Italia e Lega hanno votato no, mentre Forza Italia e Noi Moderati si sono astenuti. Alla fine hanno vinto i No Euro, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, che hanno fatto del No al Mes una de lle ultime grandi battaglie identitarie della Lega (non potendo contare su altro). La stagione del 2019 è ben lontana, ma grazie a questo risultato i leghisti potranno fare una sontuosa campagna elettorale.

L’altra questione politica riguarda il modo con cui si è arrivati al voto. Il presidente della commissione Bilancio Giuseppe Mangialavori, nel comunicare la contrarietà alla ratifica, ha spiegato che la "proposta di legge" era carente di "meccanismi idonei a garantire il coinvolgimento del Parlamento nel procedimento per la richiesta di attivazione del Mes, con ciò escludendo le Camere da procedure di significativo rilievo sul piano delle scelte di politica economia e finanziaria".

È abbastanza spassoso che il destra-centro abbia riscoperto la centralità del parlamento. "Il governo che mette costantemente la fiducia su moltissime norme di microlegislazione si rimette invece al Parlamento su un delicato trattato che coinvolgi i Paesi dell’Unione Europea: pensa forse di non doverne rendere conto?", ha osservato il prof Ceccanti con una domanda più che legittima. La risposta arriverà. La maggioranza, per ora, non ci ha fatto una grande figura: un giorno dice sì al nuovo Patto di stabilità accordandosi alle decisioni prese da Francia e Germania, il giorno dopo dice no al Mes.

E che pensare del ministro Giorgetti? "Il ministro dell’Economia e delle finanze avrebbe interesse che il Mes fosse approvato per motivazioni di tipo economico-finanziarie", ha spiegato: "Ma per come si è sviluppato il dibattito negli ultimi giorni mi è sembrato evidente che non fosse aria per un’approvazione, per motivazioni non soltanto economiche". Si potrebbero capire le ragioni di Stato, ma in questo caso sono le ragioni di partito ad aver guidato Giorgetti. E il partito in questione è la Lega, che da qualche mese predilige la versione "di lotta" a quella "di governo". La Lega ancipite, dalla doppia natura, non è un mistero. È sempre esistita. Ma il ministro dell’Economia potrebbe sinceramente chiedersi se sia il caso di restare ancora in una situazione del genere in cui, più o meno improvvisamente, può non essere padrone del suo destino.

A Giorgetti viene posta una questione di credibilità: con che faccia la prossima volta potrà difendere il proprio operato nel corso di una trattativa, sapendo che il suo partito potrà facilmente sconfessarlo? Infine, il fronte progressista. Insieme a Lega e Fratelli d’Italia a votare al no al Mes c’era anche il M5s di Beppe Conte, ormai scatenato. Quel Conte che da premier ha firmato la riforma del trattato del Mes, mentre da parlamentare ha votato contro la sua ratifica. Più che l’aspirante capo dell’opposizione è parso, stavolta, il servizio d’ordine del governo Meloni.

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