VERSO IL VOTO / La sfida di Giani: essere ovunque. "Io le persone le guardo negli occhi"

Firenze, la Valbisenzio, Montecatini e tante altre tappe: un giorno col candidato del centrosinistra alle Regionali. "I social non mi bastano, vogliono essere sincero anche oggi che il mondo è profondamente cambiato"

Eugenio Giani, candidato del centrosinistra (foto Germogli)

Eugenio Giani, candidato del centrosinistra (foto Germogli)

Firenze, 9 settembre 2020 - Bernard ficca la forchetta di plastica nella crema spolverata di zucchero, dà un’occhiata lampo all’orologio e caccia il pezzo di dolce in bocca seduto in un angolo del terrazzone alla Casa del popolo di Vaiano, dove a "Berlinguer gli si voleva bene per davvero" e "a Conte diciamo benino, via". Dove il vento fischiava sì, e pure forte, ma è passato un pezzo e via, e oggi al massimo qui fischia la brezza lieve dall’alta Valbisenzio e si tira il fiato dall’afa della piana pratese. Ha 22 anni Bernard, e in questa campagna elettorale infinita porta in auto il candidato Eugenio Giani. Abita a Larciano, nel Pistoiese, il suo babbo sbarcò in Puglia dall’Albania nei Novanta. Va pazzo per la politica ma parla con il contagocce e pensa solo a pestare sull’acceleratore. Oggi con la Ford brucia centinaia di chilometri d’asfalto, dalla pancia allo sterno della Toscana, sotto il sole gentile di settembre e accanto a lui c’è “il Giani“ che prende appunti con una penna rossa e una nera su un’agendina demodé ("Un mese fa la perse, un disastro. Arrivavano persone di continuo in ufficio e nessuno sapeva chi fossero. Ma lui è fatto così, ha un sorriso sincero per tutti", dice Cristina, la portavoce tuttofare) e s’arrabbia con il navigatore ("Non gli dar retta Bernard. Te lo dico io che strada si fa, lo so meglio di questo coso, esci a Firenze sud e si piglia su per via Gabriele D’Annunzio").

Passa una vela con il faccione di Eugenio sul raccordo di Varlungo a Firenze sud e dietro rispunta l’Eugenio animato che si sbraccia al finestrino. Uno e trino, è dappertutto. "Eugenio, svelto. Fai il discorso e salutiamo tutti che ci aspettano a Montecatini Terme". "E tra quanto si deve essere lì?". "Venti minuti fa". "Ah, allora faccio veloce", dice mentre scruta avanti e addenta un pezzo di roastbeef con un po’ di piselli. "Peccato per quell’antenna del telefono davanti, ma lo vedi com’è bello il campanile del monastero di Vaiano?". "Eugeniooo, andiamo si fa tardi". Alla fine, dopo un’altra manciata di sorrisi, si smuove e scende le scale. Dopo Montecatini si torna alla Querce a Prato, poi a Firenze per un dibattito, poi un’altra volta a Prato per la festa della Liberazione a Figline. "Un giorno ho fatto più di mille chilometri, c’era anche la tratta da Chiusi della Verna in Casentino a Pontremoli" dice con una punta di entusiasmo da pischello, forse non rendendosi conto che si fa prima a andare da Santa Maria Novella a Reggio Calabria con la Freccia.

Eugenio c’è poco da fare, dobbiamo seguire la sua agenda empatica – scherzano dallo staff – Lui conosce ogni millimetro di Toscana e si ferma a parlare con tutti. Vive di emozioni e aneddoti". Come quando, a due minuti dall’inaugurazione della campagna elettorale di Giovanni Morganti, sindaco di Vernio, “il Giani“ sbucò con i fari della macchina dalla montagna come uno Zeus dei tagli di nastro. Eugenio Guarda-c’è-il-Giani è fatto di questa pasta e non cambia traiettoria. "Lo so che la politica oggi si fa sui social ma io sono abituato così, parlo alla gente negli occhi e gli spiego le cose. Sono sincero. Se poi chi urla tre slogan su Facebook alla fine prenderà più consensi di me pazienza...".

Fa lo “sportivo“ ma è un mestierante, il fiato sul collo della leonessa Susanna Ceccardi lo sente parecchio e non si arrende. "Il mondo è cambiato ma noi no" dice Giani, classe ‘59, figlio di ferroviere e bimbo orfano di mamma, sposato con due figli ("Sono sensibilissimi, che tifo che fanno per me..."), una casetta, la solita, a Sesto Fiorentino e una Fiat Punto ormai sfinita, cresciuto all’Mcl tra Soffiano e Legnaia tirando a canestro e "imbroccando le ragazze con il pantalone a zampa di elefante e la Vespina". Formidabili quegli anni, i primi ‘70, con la politica già nel sangue - la matrice socialista c’è e resta - e la voglia di fare del bene agli altri. Traffico, mobilità green, sport soprattutto - la Viola, primo abbonamento in Ferrovia a 15 anni - prima dello sbarco sulla poltrona di presidente del Consiglio regionale con il Rossi bis.

«Se casca il modello toscano di welfare, di sanità e di assistenza è un casino...", dice mentre Bernard imbocca la via per Settignano. C’è voluto andare per forza ‘il Giani’ su al cimitero per pregare sulla tomba di Graziano Grazzini, esponente di Forza Italia scomparso all’improvviso 14 anni fa ("Rivali? Ma se non ho mai visto un sorriso più bello del suo. Che uomo è stato"). È partito alle 10 di domenica dai volontari di San Giorgio a Colonica (pizzette, schiacciatine, Fanta e amuchina) costola pratese dove il cemento mangiucchia ancora la campagna, oggi come quando Cioni-Mario, il Benigni scorrazzava in sella alla bici con il Monni, anno 1977, sognando rivoluzioni tra i lisci in gonnella.

Niente “camuffamenti“ con occhiali da sole e scarpe trend alla Bonaccini, Giani va di scarpa tradizionale, pantalone da zio al pranzo della domenica, cintura alta e camicia. Perché in fondo non è mai stato uomo di partito, piuttosto un laureato in legge ("110 e lode"), autodidatta della politica, radicatissimo nel territorio per la cultura e lo sport. Insomma un “pop 80“, capace di farsi anche tre cene per salutare tutti, e non solo in campagna elettorale. "Mi sento ancora un ragazzo della via Gluck". "Bella vero quella canzone?".

«È uno di noi, uno vero" dicono i volontari e, con qualche “tuttavia“ dovuto alle radici socialiste, lo dicono anche i peones delle case del popolo. Chiude lo sportello il Giani. "E ora dove si va?". "A letto Eugenio, è notte". Domani si riparte, con l’agendina che sennò è un dramma. (1 - Continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA