"25": Zannoni racconta storie di bar e di vita

Lo scrittore, premio Campiello per "I miei stupidi intenti", sarà ospite al Polo Gatteschi con il nuovo romanzo sulla fatica di diventare adulti

Bernardo Zannoni

Bernardo Zannoni

Pistoia, 26 settembre 2023 – Con la storia di Archie, una faina zoppa, che scopre la vita oltre gli istinti dell’essere animale, e un talento che la porta a sognare Dio come il ‘tesoro’ conosciuto solo dagli uomini, ha incantato migliaia di lettori. Dopo la sua opera di esordio, ‘I miei stupidi intenti’ (Sellerio, 2021), che gli è valsa il Premio Campiello 2022, Bernardo Zannoni, 28 anni, di Sarzana, torna con un nuovo romanzo, ‘25’ (Sellerio, 2023), la storia di un venticinquenne appunto, osservata per lo spazio temporale di pochi giorni, cruciali, in cui la sua personalità prenderà forma, a partire da un insieme di eventi di rottura, tra progetti mancati, terrore e speranza. Zannoni sarà ospite venerdì 29 settembre, alle 18,30, al Polo Puccini Gatteschi: con lui ci saranno Chiara Belliti, editor, e il giornalista Simone Innocenti.

Anche questo, come la sua prima opera, è un romanzo che racconta la storia di una crescita, la scoperta dell’età adulta, sebbene si concentri nell’arco temporale di una settimana.

"Sì, ci sono elementi di cambiamento per i protagonisti. Ma l’insegnamento ne ‘I miei stupidi intenti’ è quello di accettare la fine delle cose. In ‘25’ lo sforzo è trovare l’esistenza nell’esistenza, imparare ad essere qualcosa. Soprattutto in questi tempi, in cui ritagliarsi almeno un proprio angolo di certezza è diventato difficile. Il punto di rottura, per la faina Archie è la scoperta della coscienza, per Gero è accettare le sue fragilità".

Quanto c’è della sua esperienza nella storia di Gero?

"Diciamo che ci ho messo dentro non solo le emozioni che ho provato a quell’età, ma anche tutto un dipinto di umanità che ho ricavato guardando chi avevo intorno. Soprattutto figure maschili, che sono quelle che in questi tempi non stanno benissimo: nel tentativo di smantellare i retaggi del patriarcato, si tende più a distruggere la figura del maschio che a ricostruirla".

In ‘25’, Gero e i suoi amici avvertono l’angoscia del presente e l’immobilità rispetto al futuro. Paure che lei ha definito connotati della sua generazione. Perché?

"Noi siamo la generazione che erode la ricchezza dei propri nonni. Siamo quelli che vivono una vita già garantita. Quelli che possono esistere anche senza fare nulla. E alla fine si tende a rimanere fermi, per paura di fallire, di rischiare. Si possono non prendere decisioni in questa bolla. La grande firma dei ragazzi di questi tempi è l’angoscia che li attanaglia".

Nel suo libro di esordio ha avuto il coraggio (premiato) di ambientare un romanzo in un bosco, raccontando la vita di una comunità di animali. Scelta da lei definita più facile, perché?

"Gli animali riescono a rendere la narrazione molto più flessibile, per chi scrive ma anche per il lettore che si immedesima. Una volpe è una volpe e una faina resta una faina. Quando si parla di di esseri umani ciascuno tende a farsi scudo e a rifiutare di vedersi rappresentato in un certo modo. Gli esseri umani non possono fare a meno di interpretarsi e non sempre questa è una pratica che piace".

Quella pistoiese è la tappa di un tour di presentazione dei due romanzi.

"In questo momento sono impegnato nel tour europeo del primo libro, mentre sto iniziando il tour italiano del secondo".

Come si impara a costruire un romanzo. Basta un istinto?

"Si comincia come un topo nel labirinto. Si cerca ogni via. Dipende poi se alla fine del labirinto c’è del formaggio o il proprio obiettivo personale. Io sono della seconda categoria: non ho mai scritto per nessuno. L’ho fatto solo per me".