Sicurezza sul lavoro, attesa per gli ispettori "Ma c’è troppa burocrazia che li soffoca"

Dopo la promessa del governo si spera nel rafforzamento dei controlli. Nel distretto tessile performance superiori alla media

Le morti sul lavoro di Sabri Jaballah e Luana D’Orazio, due ragazzi pistoiesi che sognavano di costruirsi un futuro grazie al loro impegno quotidiano, hanno riacceso i riflettori sul problema della sicurezza e dei controlli nelle fabbriche del distretto tessile di Prato, che impiega tantissmi lavoratori del territorio, proprio come Luana e Sabri. Il ministro Orlando ha annunciato l’assunzione di 2.100 ispettori del lavoro, ma ancora non si sa quanti ne potranno essere destinati a Prato. Dove, però, prosegue il Piano lavoro sicuro, il progetto regionale attivato dopo il rogo della Teresa Moda in cui persero la vita 7 operai cinesi. Grazie a quel progetto l’Asl Centro è arrivata ad allargare il numero degli ispettori dai 7 iniziali agli attuali 47. Ma ne servirebbero almeno un’altra quarantina.

"E oltre la metà di questi dovrebbe essere destinata all’area pratese", dice Massimo Cataldo della Cisl Funzione pubblica. "Per garantire salute e sicurezza non basta assumere più tecnici della prevenzione – aggiunge Sandro Malucchi, segretario generale Fp Cgil – ma occorre liberare questi ultimi dalla burocrazia e da una produttività scollegata dalla qualità del servizio". Uno dei problemi sta nel fatto che che più di tre quarti del tempo-lavoro degli ispettori viene assorbito da incombenze burocratiche. Il tempo medio di una ispezione per la verifica sui sistemi di salute e sicurezza in azienda è di circa 4 ore con due ispezioni in presenza ogni settimana. Questo però genera lavoro burocratico per l’intera settimana. Tanta burocrazia e il tempo infinito dedicato alla redazione dei verbali, rallentano sia l’azione di controllo che quella preventiva con la conseguenza di distogliere il tecnico della prevenzione dalla sua reale attività. Che, per Prato, significa effettuare accessi e verifiche su quasi 39.000 imprese, 10.000 delle quali artigiane". Secondo Malucchi, insomma, il primo problema da risolvere è la burocrazia: "E’ evidente che 47 tecnici sono pochi". Inoltre c’è il fatto che la fase pandemica è andata a gravare proprio sui tecnici della prevenzione, non solo per i controlli sull’impiego di dispositivi di protezine ed anticontagio all’interno delle aziende, ma anche perché alcuni sono stati impiegati per il tracciamento e altri per le vaccinazioni negli orari di lavoro "distraendoli di fatto dai loro compiti principali – aggiunge Cataldo – Sarebbe opportuno che certe attività venissero svolte in orari aggiuntivi, ma ci rendiamo conto che sono necessarie risorse da parte dell’azienda". Nonostante l’inevitabile distrazione dal compito istituzionale "la performance del dipartimento della prevenzione pratese resta superiore, di tre punti percentuali, alla media nazionale ( che è al 5%) delle aziende verificate. Ma neppure l’8% delle aziende verificate a Prato non risolve il gravoso problema della prevenzione sui posti di lavoro". Infine, una chiosa di Malucchi sui parametri utilizzati per valutare la produttività dei dipartimenti di prevenzione: "Non è valutata sulla riduzione degli infortuni, ma sul numero delle aziende controllate".

Sara Bessi