LUCIA AGATI
Cronaca

Nedo, l’architetto del Cammino di San Jacopo "E’ nato dagli studi sui sentieri longobardi"

Ferrari racconta per la prima volta l’origine della sua grande passione, scaturita da una scintilla durante i restauri delle Panche

di Lucia Agati

Il caso forse non esiste, e quindi, forse, nemmeno le coincidenze. Piuttosto esiste una trama sottile che collega gli eventi e le persone e depone sulle loro strade piccoli segni che, se intravisti, possono cambiare le loro esistenze. La curiosità e la passione instancabile per lo studio hanno cambiato la vita dell’architetto Nedo Ferrari, nato il 20 luglio del 1952 nella sua amata Pontepetri..."perchè in Montagna è importante precisare dove siamo nati", e ancora oggi cittadino dei nostri monti dove vive, alle Panche. Alle Panche dove tutto è nato. Perchè Nedo, figlio di Aldo, operaio della Smi di Campotizzoro, e di Lina, casalinga, è il padre del Cammino di San Jacopo in Toscana, per il quale ha realizzato una accuratissima guida con Nuove Esperienze, casa editrice dell’amico Paolo Rindi, camminatore, ospitaliere della casa che accoglie i pellegrini in Sant’Andrea. Nedo fa parte del comitato scientifico della Romea Strata e della comunità toscana Il Pellegrino.

Ci racconta come è nata la sua passione per il Cammino?

"Essere architetto, libero professionista che si è dedicato ai restauri mi ha sempre permesso di approfondire la Storia. E i Cammini a cui mi sono appassionato nascono proprio dai restauri dell’edificio storico della casa vescovile, alle Panche. Ho avuto accesso agli sconfinati e preziosissimi studi di Natale Rauty e da lì ho compreso che il nome “le panche“ non era riferito a quelle per sedersi, ma era un toponimo di origine longobarda e il significato era “banchi di terreno“. Nei suoi studi Rauty ipotizzava che le Panche fosse su una direttrice di attraversamento appenninico: Pieve di Saturnana, Castello di Batorni, fino ai passi Appenninici e Modena: ovvero l’antico itinerario longobardo che univa Nonantola a Pistoia. Siamo nel 750, i Longobardi hanno sgominato i Bizantini e si può transitare da Pistoia a Modena".

Quando ha concentrato la sua attenzione sulle vie antiche?

"Era il 2009 quando ho cominciato a occuparmi dei restauri, ma è nel 2015 che mi sono concentrato sull’antica viabilità, che ho ricostruito prima con le carte e poi percorrendola, da Pistoia al crinale appenninico. Alla fine di questo studio ho pensato che, con tutta probabilità, quel sentiero avrebbe potuto proseguire sull’altro versante. Poi è accaduto qualcosa..."

Sta parlando di un segno?

"Ho ricevuto una telefonata che mi annunciava che un gruppo di Modena stava lavorando all’altro versante del sentiero. Allora ero sulla strada giusta... Ci trovammo alla Croce Arcana. Ecco, quella fu la scintilla che ha generato la nascita e l’interesse per il Cammino. L’esigenza, invece, di occuparmene è scaturita dall’incontro con il pellegrino Francisco Sancho, la prima volta che arrivò a Pistoia e ci fu la prima lavanda dei piedi davanti alla reliquia di San Jacopo. E se Pistoia oggi è considerata la Piccola Santiago è perchè è un crocevia di Cammini riscoperti".

Come è proseguita la sua ricerca?

"Continuando a studiare mi resi conto che Fucecchio era attraversata dalla via Francigena, ma non c’erano invece cammini trasversali che unissero Firenze e Lucca alla città di San Jacopo, zone oggi afflitte da una urbanizzazione selvaggia. Cominciai a cercare sentieri nel fascio che fin dal Medioevo univa Pistoia, Firenze e Lucca".

Cosa rappresenta oggi il Cammino di San Jacopo?

"Il Cammino di San Jacopo oggi ha una ricchezza di elementi naturalisti e artistici unica, anzi, direi che ne è costellato, il più piccolo dei tabernacoli ha valore e attraversa sette cattedrali toscane, le mete, proprio come recita il codice dei camminatori medioevali. Perchè il pellegrino cammina per raggiungere mete. E la meta finale è ovviamente Santiago. La guida ha richiesto cinque anni di lavoro e poi, subito dopo, ho approfittato dell’isolamento dovuto all’emergenza sanitaria per chiudermi a studiare".

E i suoi nuovi studi quali porte apriranno?

"Ho studiato, tappa per tappa, anche il percorso spagnolo. E per settembre prossimo c’è una grande novità: verrà a percorrere il nostro Cammino uno dei massimi autori di guide per i camminatori spagnoli, farà una versione spagnola sulla base del nostro lavoro. C’è interesse in Spagna per il nostro Cammino: ci sono le stesse simbologie e gli stessi segni. Sono due versanti che si incontrano ancora".

Che cos’è il Cammino oggi?

"E’ una esperienza molto intensa. Oggi l’80 per cento dei camminatori sono donne. Spesso camminano da sole, per trovare fiducia in se stesse, per liberarsi dai fardelli quotidiani. Camminando si raccolgono gesti bellissimi, che siano un bicchiere d’acqua fresca o qualche limone appena colto dalla pianta. Il Cammino è un misurarsi con se stessi, con qualcosa che non sappiamo di possedere. C’è chi parte per fede e chi, semplicemente, per camminare. Ma quando torna è diverso. Affrontare le difficoltà è una conquista di spiritualità".