REDAZIONE PISTOIA

Morì sciando all’Abetone "Nessuna colpa ai gestori"

L’incidente il 24 gennaio 2018 costò la vita a Daniele Monti, 51 anni, sciatore. La difesa: "L’assenza della palinatura è la prova che la pista non era aperta".

"Nessun comportamento illegittimo è imputabile ai gestori delle piste per l’incidente che la mattina del 24 gennaio 2018 costò la vita a Daniele Monti, 51 anni, esperto sciatore". Così, ieri mattina l’avvocato Massimo Panzani di Lucca ha iniziato la sua arringa davanti al giudice Paolo Fontana, nell’aula Gratteri di San Mercuruiale, dove si celebra il processo per la morte di Daniele Monti, che vede imputati per omicidio colposo Giampiero Danti, nella sua veste di responsabile del consorzio Abetone Saf e Pietro Nizzi, quale responsabile e addetto al controllo delle piste. Daniele, che aveva 51 anni e lavorava come impiegato in un’azienda di macchine agricole di Montecarlo di Lucca, la ditta Tarabori, quella mattina stava sciando con il figlio Mattia, oggi giovane medico di Montecatini. Durante la discesa della Zeno Uno, che nessuno dei due aveva mai intrapreso prima, Daniele finì su un lastrone di ghiaccio: un volo che lo portò contro un albero, un impatto che gli fu fatale. Per quella morte, il pm Giuseppe Grieco ha chiesto per entrambi gli imputati una condanna a quattro anni di carcere per omicidio colposo, per non aver segnalato la chiusura della pista su cui l’uomo non ebbe scampo. Ma secondo la tesi difensiva, nessuna responsabilità sarebbe imputabile a chi gestiva le piste, dal momento che: "Esisteva un cartello che indicava la chiusura della pista in ben quattro lingue. D’altra parte – ha spiegato l’avvocato Panzani – non esiste una normativa regionale che imponga obblighi stringenti ai gestori degli impianti, che invece devono sottostare a obblighi generici. Ma, soprattutto, quella mattina sarebbe stato chiaro (e ancora di più a uno sciatore esperto quale era la vittima, così come ha confermato il figlio Mattia), che la pista Zeno era chiusa, semplicemente perché non era attrazzata, infatti mancava la palinatura". Citando la norma UNI 8137 2004, che disciplina la segnaletica per le piste da sci, Panzani ha rilevato: "Una pista per essere tale, deve essere attrezzata e segnalata con la palinatura. Una pista da sci, infatti, è un percorso accessibile, preparato, dotato di segnaletica e controllato. Quello che non è così, è un fuori pista. Aver tolto la palinatura è il segno stesso che ci si trova in un luogo non attrezzato e aperto. E, d’altronde, la pista Zeno Uno non era dismessa, semplicemente non era aperta perché non era aperta. Quella mattina la visibilità era perfetta, perciò uno sciatore esperto non sarebbe dovuto scendere in un pendio non segnalato". L’avvocato ha chiesto l’assoluzione di entrambi gli imputati perché il fatto non costituisce reato. Il processo riprende il 28 marzo per le repliche.

M.V.