LINDA MEONI
Cronaca

L’ultimo regalo di Michela, un espianto multiorgano dopo la morte improvvisa

Dal 1993, con il marito Paolo, faceva parte dell’Aido. A fine aprile se n’è andata. I familiari sapevano bene cosa fare: prelevati cornee, fegato, epidermide e reni

Il volto sorridente di Michela Scarmana

Il volto sorridente di Michela Scarmana

Pistoia, 13 maggio 2025 – La tessera che esce dal portafogli è così vecchia da essere tutta stropicciata, quasi illeggibile. L’intestazione però, quella la si riconosce, insieme alla data: Aido, Associazione italiana per la donazione di organi, 1993. Trentadue anni fa, quando ancora di questo si parlava poco o niente, l’intenzione era già chiara per Paolo Gargini e Michela Scarmana, marito e moglie: qualsiasi cosa fosse accaduta loro da doverne causare la morte, i loro organi per quanto possibile sarebbero diventati speranza di vita per qualcun altro.

Ventuno aprile 2025, la vita di ogni giorno prosegue come sempre. Paolo e Michela, che oggi hanno 76 e 72 anni, sono tornati da poco da un viaggio in Egitto. “Bellissimo, con nostra nipote”. Michela indossa il grembiule, è a casa in cucina. Paolo è nell’altra stanza. D’improvviso accade qualcosa che con quella vita quotidiana non ha a che fare. “’Paolo, mi sento scoppiare la testa. Devo andare a stendermi sul letto’. Dieci minuti dopo la raggiungo in camera – ricorda il marito –, gli occhi chiusi, nessuna reazione agli stimoli. Immobile. Capisco subito che c’è bisogno di un’ambulanza e la chiamo”.

I soccorsi arrivano e ripartono più veloci possibile verso l’ospedale San Jacopo. Pochi minuti, da casa Gargini-Scarmana la strada è breve. Michela riceve le prime cure, viene sottoposta a tutti gli esami diagnostici del caso. Il verdetto è uno, inequivocabile, praticamente una sentenza: inoperabile. Sei giorni dopo, 27 aprile, Michela viene dichiarata clinicamente morta.

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Michela Scarmana col marito Paolo Gargini

Ma prima ancora che i professionisti con tutto il tatto e l’empatia possibile prospettino l’epilogo ultimo, Paolo e la figlia Lara, per tutti quei giorni al capezzale di Michela insieme alla nipote Monica, sanno già cosa fare: donare a chi ne avrà bisogno quegli organi che di questa amatissima moglie, mamma e nonna potrà essere donato. Come nel 1993 Paolo e Michela avevano voluto scrivere nero su bianco su quella tessera Aido, ribadendolo con forza sui documenti di identità da quando anche in sede di anagrafe comunale questo è possibile.

“Mamma ha sempre avuto qualche acciacco, ma niente che avesse un qualche collegamento con quel che poi è successo. Un aneurisma probabilmente. In famiglia eravamo già sensibili alla donazione di organi. Mamma poi – dice Lara col sorriso di chi parlando riporta la mente a una persona cara che non c’è più – avrebbe donato di sé stessa qualsiasi cosa anche in vita se le fosse stato chiesto”.

All’ospedale San Jacopo a tirare le fila della Struttura organizzativa semplice dipartimentale della Donazione Organi c’è il dottor Eufrasio Girardi, un profilo di altissima competenza, così come di grande umanità e professionalità è lo staff tutto, medico e infermieristico, della donazione organi così come di tutti gli altri reparti coinvolti, rianimazione in primis.

“Conoscevamo il dottor Girardi da tempo e non possiamo che rinnovargli stima e gratitudine anche oggi, pur nella tristezza del momento – dicono Paolo e Lara –. Siamo grati anche allo straordinario personale della Rianimazione, abbiamo incontrato un’empatia e una disponibilità enormi. Ci siamo sentiti compresi, abbiamo ricevuto cure che vanno oltre, quelle che danno consolazione al cuore”.

Quello reso possibile grazie all’assenso di Michela è stato un espianto multiorgano, con il prelievo di cornee, fegato, reni ed epidermide. “Da quel 27 aprile ho sentito il dottore quasi quotidianamente – dice Paolo –. Ho avuto notizia che i trapianti sono tutti andati a buon fine. Non abbiamo mai avuto tentennamenti su questo tema, sapevamo che donare era la cosa giusta. La consolazione non può essere totale, io ho perso la donna con la quale ho condiviso cinquantasette anni della mia vita. La donna che ho sposato tre volte, la mia spalla. Ma mi sento felice nel dolore per aver scelto questa strada”.