
Nel disegno realizzato dagli studenti, le macine di un antico mulino
A Lamporecchio nel 1830 erano presenti 39 mulini e 7 frantoi e 1 frullino (una apparecchiatura per lavorare le sanse), costruiti su torrenti e fiumi. I mulini servivano anche per produrre energia, ma nel caso in cui fosse mancata l’acqua si usava la trazione animale (i somari). Il mugnaio era un tuttofare, lavorava il grano e allo stesso tempo faceva il falegname. Nella casa c’era un grande bacino che aveva due chiuse, una all’entrata che deviava il fiume e una all’uscita che mandava l’acqua nell’ambiente predisposto sotto alla casa. Quest’ultima batteva sui cucchiai che facevano girare la macina del mulino in senso antiorario. Il ritrecine (ruota idraulica ad asse verticale) portava l’energia alla macina che triturava il grano. Queste macine erano grandi dischi di pietra che potevano pesare secento o settecento chili, ed erano composte da una parte fissa che si chiama dormente e sopra c’era il corradone (utensile per la pulizia). In mezzo a questi due vi era la macina inferiore, utilizzata per macinare cereali o castagne, e lavorata dal mugnaio da dei colpi di martello. C’erano due macine sovrapposte e nello spazio tra le due venivano messi i cereali perfettamente secchi, perché altrimenti si attaccavano alla macchina causando un malfunzionamento. Una volta macinato quest’ultimo scendeva in una vasca chiamata palmenta e da quel momento il mugnaio poteva prendere la farina; era fondamentale tenere le macine costantemente rifornite di cereali perché se la macchina girava a vuoto si danneggiava.
Nel corso del tempo molti mulini si sono rovinati o sono stati ristrutturati come agriturismi, e ne sono rimasti pochissimi in funzione. Uno di questi è vicino a noi, ed è il mulino del Giannoni. Siamo andati quest’inverno a visitarlo, e il signor Roberto Sciaolino, il mugnaio attuale, ci ha spiegato il funzionamento e ci ha fatto vedere le varie parti della struttura. Ci ha spiegato la storia del mulino, illustrandoci le varie parti, e ci ha mostrato gli strumenti da lavoro, molti dei quali antichi e particolari. La stanza più interessante ci è sembrata quella delle macine, dove abbiamo assistito alla lavorazione del grano e alla produzione della farina grezza.
Ora questo mulino viene alimentato dall’energia elettrica, e non più dall’acqua. Le stanze originarie sono rimaste integre, come il frantoio e la loggia. Nel primo venivano spremute e schiacciate le olive per produrre l’olio, mentre nella seconda abitava il mugnaio e vendeva i suoi prodotti.
Abbiamo avuto la possibilità di fare quest’esperienza e di imparare questi argomenti grazie al lavoro di Sandra Masi e Susanna Bonuccelli, che hanno scritto il libro Mulini e frantoi ad acqua nel territorio di Lamporecchio. Dalla fine del Millesettecento alla metà del Millenovecento, e che ci hanno accompagnato in quest’avventura.