Custode del Cammino Dai colori dell’Africa al profumo dei Monti La vita di Pia Benedetti

Custode del Cammino  Dai colori dell’Africa  al profumo dei Monti  La vita di Pia Benedetti

Custode del Cammino Dai colori dell’Africa al profumo dei Monti La vita di Pia Benedetti

di Lucia

Agati

C’è stata una vita senza televisione, e senza frigorifero. Una vita che aveva un valore diverso. Pia oggi prende la sua Ghita e insieme camminano lungo i sentieri delle nostre montagne. Camminano e, insieme, ritrovano quel valore, nel silenzio e nella lentezza. Per loro è irrinunciabile. Pia Benedetti, custode di un tratto del Cammino di San Bartolomeo, sa di aver vissuto anni straordinari, che vorrebbe consegnare alla storia attraverso la scrittura, come la gente di montagna oggi si è abituata a fare, per non perdere il passato. E’ come se il libro delle vette fosse ovunque, con le sue pagine bianche da riempire, giorno dopo giorno, raccontando il vento, la nebbia, la neve, le fioriture e i profumi. Ecco il cuore aperto di Pia.

"Sono nata in Libia, l’11 luglio del 1959. I miei bisnonni, di origine abruzzese, erano prima emigrati in Brasile, mio nonno nacque nel 1908, a San Paolo. I nonni paterni ritornarono in Italia dalla Libia nel 1948 e mio padre rientrò in Libia da clandestino, imbarcato a Napoli. Negli anni Trenta, mio padre e mia madre erano tornati perchè i bambini che erano in Libia erano stati rivoluti in Italia. Vissero nelle colonie, ovunque, per poi tornare in Africa.

"Discendo da gente semplice, sfogliando le foto di famiglia vedo contadini, gente che si è sempre spostata portando pochi oggetti con sè. Io sono nata a Tripoli e lì ho vissuto fino a quando ho compiuto undici anni. A Tripoli c’è la casa dove sono nata, il quartiere di cui sento ancora gli odori. C’era la mia grande famiglia.

"Abbiamo lasciato tutto. Mio padre era un artigiano, un falegname e si è arrangiato a fare di tutto. Poi è stato assunto alle ferrovie. A Pistoia siamo arrivati subito perchè mio padre non volle andare nel campo profughi dove rischiavamo di rimanere troppo a lungo. A Pistoia c’erano già i suoi fratelli. Così siamo arrivati qui. Da zero, senza nulla, senza una lira.

"Sono figlia della scuola d’arte Petrocchi, allieva di Pietro Bugiani, Siliano Simoncini, Sigfrido Bartolini, Jorio Vivarelli e Giovannni Battista Bassi. Eravamo duecento studenti negli anni Settanta. Che privilegio è stato ascoltarli. Hanno saputo lasciare un’impronta determinante nelle nostre vite.

"Poi c’è stato il teatro. Erano sempre gli anni Settanta e c’erano tante compagnie. Con una valigia di cartone piena di pupazzi ho fatto l’artista di strada e negli anni Ottanta ho fatto parte del gruppo folcloristico del Maggio, tra San Marcello e Popiglio. Ho trovato anche l’amore, trent’anni insieme e due figli, Gaia e Giulio. Poi, dopo la separazione, tutte le mie energie si sono riversate nel camminare.

"Quattordici anni fa è arrivata la mia Ghita. E’ sempre con me. Mi ha aiutato e mi aiuta. Cammina accanto a me in Montagna, è stata con me ovunque, in Abruzzo, sulle Dolomiti, sulle Alpi Piemontesi. Viviamo in simbiosi, io, lei e la gatta Brunilde".

"Lavoro all’ospedale di San Marcello, informazioni e centralino e due incarichi importanti arricchiscono oggi la mia vita: l’impegno dentro Lettera Appeninica e il Cammino di San Bartolomeo.

"La passione per il Cammino è nata nel 2013, tra Cutigliano e Riovoreta, quando fu studiato l’antico percorso che univa Cutigliano a Fiumalbo. C’è anche una data. E’ il 24 agosto 2014, quando ci fu la camminata che unì tutte le borgate che avevano un segno di San Bartolomeo. L’intento era quello di riunirle tutte fino a Pistoia, al Pantano. Tutti i gruppi che avevano voglia di continuare questa impresa si riunirono.

"Attraversai la Lima fino alla sponda di Popiglio, fino alle Torri. Ognuno fu custode delle proprie zone e dette ospitalità. Tutti davano una mano, insieme alla pro loco di Prataccio, che ci aiuta. Abbiamo cercato la strada più bella per arrivare a Pistoia e abbiamo trovato tutti i sentieri fino alla Pieve di San Giovanni, a Valdibure, per poi raggiungere Candeglia, il Postino, via San Marco e poi Pistoia.

"Ogni paese ha trovato un collegamento con San Bartolomeo, a Popiglio, per esempio, c’è un antico manoscritto con una miniatura. Abbiamo scoperto che San Bartolomeo collega tutti i paesi. E’ una tradizione portata dai Longobardi. Il Comune oggi vuole dare valore a borghi incredibilmente belli come Piteglio dove i panorami sono incomparabili: dal campanile si vede tutta la Lucchesia, si vedono le Alpi Apuane. Abbiamo messo un tesoro a disposizione di tutti.

"Il mio tratto di sentiero va da Torri di Popiglio a Ponte di Campanelle, dove ho ritrovato una Madonnina. E’ tutto volontariato, tengo pulito il sentiero con le forbici e il frullino. Il pomeriggio prendo la Ghita e andiamo a togliere i rovi. Sono tante, e bellissime, le tradizioni che mi sono state raccontate. Omero Seghi ricordava le benedizioni dei campi e il rosario, a maggio, davanti alle Madonnine dei paesi.

Mio padre Vincenzo è morto nel 2022. La morte fa fare un viaggio all’indietro. Ho avuto tanta voglia di abbracciarlo. La sua morte ha dato valore alla mia vita. E ora la scrivo".