"Io, bimbo di Pisa all’Arena per un’intuizione"

Gli Europei di calcio e i protagonisti nati o cresciuti sotto la Torre. Marco Tardelli: "Orgoglioso di aver vestito il nerazzurro"

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di Francesco Paletti

"A Capanne di Careggine ci sono soltanto nato, ma dopo un anno ero già a Pisa: io il calciatore più importante della storia della città? Bisognerebbe chiederlo ai pisani, ma se fosse vero ne sarei solo orgoglioso". Non importa se ha vinto tutti i trofei possibili da calciatore e ha portato la nazionale under 21 sul trono d’Europa: dove affondano le sue radici, Marco Tardelli non lo ha dimenticato. Dunque non poteva partire che da lui il viaggio de La Nazione nei pisani protagonisti in azzurro alla vigilia dell’Europeo.

Una piccola storia nella storia tutta da raccontare, grazie anche all’archivio del collezionista Juri Bianchi. Sono ben tre i pisani che hanno alzato al cielo la Coppa del Mondo: oltre a Tardelli, infatti, guai dimenticare Giovanni Galli, terzo portiere nell’avventura iberica, e soprattutto Sergio Bertoni, il fuoriclasse di Porta Nuova, campione del mondo in Francia nel 1938. Tardelli per quasi un decennio è stato il "numero otto" per antonomasia, nella top 11 sia ad Argentina ‘78 e Spagna ‘82 che agli Europei dell’80.

Un "fuoriclasse" assoluto arrivato al calcio professionistico quasi per caso. Giusto?

"Per caso forse, no. Però sicuramente per l’intuizione di un grandissimo talent scout come Romano Paffi, il mio primo allenatore nel San Martino. La mia avventura nel calcio è cominciata grazie a lui".

Perché?

"Il Pisa aveva deciso di prendere due miei compagni di squadra, Zanni e Lucarelli, che effettivamente erano molto bravi. Romano (Paffi ndr), però, sostanzialmente, gli disse che glieli avrebbe ceduti solo se avessero preso anche me e così mi sono ritrovato a giocare nella squadra della mia città".

Vero che, in precedenza, era stato scartato da Bologna, Fiorentina e Milan perché considerato troppo gracile?

"Confermo (sorride ndr). E pure il Pisa, ad onor del vero, era molto perplesso per lo stesso motivo. Proprio per questo, fra l’altro, cominciarono a chiamarmi ’Schizzo’".

Chi sognava di diventare, da ragazzino, Tardelli?

"Il mio idolo in assoluto era Gigi Riva: tanto che, pur essendo un destro naturale, per imitarlo, cominciai ad allenarmi a calciare anche di sinistro. Però quando andavo all’Arena stravedevo per Gonfiantini, un grandissimo calciatore".

In azzurro il nome di Tardelli è legato soprattutto all’Italia mundial: Argentina ‘78 e Spagna ‘82. Con gli europei , invece, che rapporto ha avuto?

"Un po’ più complicato: nell’80 giocavamo in casa e arrivammo quarti. Ma quella fu una tappa di un percorso importante che, di lì a due anni, ci portò a vincere il mondiale".

Però si è rifatto da ct dell’Under 21.

"Sì, nel 2000 l’europeo l’abbiamo vinto".

E non fu l’unico pisano di quell’avventura.

"No, il mio vice era Luca Giannini e nello staff c’era pure Roberto Balestri. In campo, invece, Gionatha Spinesi".

I primi due sono state anche due figure importanti nel suo percorso da calciatore.

"Vero: Giannini è stato mio compagno di squadra nel Pisa e Balestri l’allenatore che mi ha fatto esordire da professionista con la maglia nerazzurra. Ma non li chiamai, certo, per riconoscenza: li scelsi perché li conoscevo e sapevo che erano bravi".