
Francesco Pasqualetti
Pisa, 8 ottobre 2014 - 33 anni, direttore d'orchestra e già alle prese con il Don Giovanni di Mozart in scena al Teatro Verdi sabato 11 e domenica 12 ottobre. Francesco Pasqualetti, pisano, è un'enfant prodige della bacchetta. Non è la sua prima volta al Teatro Verdi, ma con il Don Giovanni è un'esperienza nuova. Diplomato alla prestigiosa Royal Academy of Music nel 2010 ha già all'attivo un centinaio di concerti, senza però rinunciare a fare sempre meglio. Nel concorso indetto dalla London Sinfony, la quarta orchestra migliore del mondo, è già arrivato tra i primi venti concorrenti e ora si sta preparando alla prova finale di dicembre.
Maestro Pasqualetti, quando è nata la vocazione? "Avevo 6 anni e cantavo in continuazione. Però i miei genitori mi dissero che ero troppo piccolo per iniziare la professione di cantante, così cominciai a studiare pianoforte. Ma appena seppi che al Conservatorio di Livorno c'era un corso preparatorio per direttore d'orchestra mi iscrissi subito. Avevo 15 anni. Quando ho diretto un'orchestra per la prima volta ne avevo 18". - Quanto è difficile oggi fare il direttore d'orchestra? "Molto. C'è una grande concorrenza e il mercato, visti i severi tagli che sono stati fatti, non è in espansione. Purtroppo in Italia non si riconoscono le responsabilità che abbiamo verso l'opera. Nei Paesi stranieri siamo considerati depositari dell'opera solo per il fatto di essere italiani. Ci riconoscono un'eccellenza a livello planetario, mentre noi la stiamo rapidamente perdendo". -Cos'è la musica? "Questa domanda me la fece anche il mio maestro di pianoforte alla primissima lezione. E poi mi disse che la musica è l'arte dei suoni. Ora posso dire che la musica resta un mistero, un brivido impalpabile che ti dà la bellezza. Potrei addirittura dire che è la bellezza, qualcosa di strordinario ed eterno" -Lei che rapporto ha con la musica? "Quello di amore-odio. Perché per fare musica bisogna sudare. E' un amante che richiede cura e dedizione. Accade che poi ti ripaghi con belle emozioni. Che però non sono la carriera e gli applausi, ma le sensazioni che percepisci in alcuni momenti". - Questa amante esigente le lascia spazio per gli affetti e la famiglia? "Certo. Guai se non fosse così.
La mia ragazza fa la soprano e adesso canta ne 'La Traviata' al Festival Verdi a Busseto. Il lavoro ci prende entrambi totalmente, ma appena abbiamo un momento libero ci raggiungiamo. In fondo la musica è una specchio della vita, del mondo. Perciò dobbiamo far parte del mondo per raccontarla". -Rimpianti? Paure? "Ho fatto un percorso formativo all'estero e forse avrei dovuto cercare di farlo prima. Questo è l'unico rimpianto. Paure non ne ho perché sono sicuro che prima o poi questa forma d'arte avrà ancora molto spazio". -Non ha mai fatto rinunce? "Ho rinunciato ad uscire il sabato pomeriggio e alle serate in dicoteca. Ho rinunciato anche a molte vacanze estive per passarle davanti al pianoforte. Ma questo non mi è costato molto. Ne valeva la pena". - Cosa è il successo per lei? "Riuscire al meglio. Arrivare a lavorare con artisti di alto livello". - Come si è trovato con il Don Giovanni? "Non è stata la prima volta che mi sono occupato del personaggio. Mi sono laureato in filosofia a Pisa con il professor Tommaso Cavallo proprio con una tesi sul mito di Don Giovanni. Certo, Mozart come musicista è un extraterrestre per i suoi tempi. Basti pensare ai due piccoli episodi dell'opera in cui esperimenta i campi di poliritmia e atonalità. Ci vorranno 150 anni per sdoganarli, con Stravinskij e Schonberg, e farli diventare musica contemporanea. Questo implica un tormento e una ricerca certamente desueta ai tempi di Mozart. La sua è un'orchestrazione molto più raffinata rispetto ai suoi contemporanei". - Quale satà il momento peggiore di una serata? "Poco prima di andare in scena. Durante lo spettacolo l'emozione è controllata dalla musica, ma poco prima dell'esecuzione sono sicuro che preferierei essere da un'altra parte".