Roberta, dove sei? Caso Ragusa: condannato il marito, resta il mistero sulla donna

In questi anni ogni anfratto della provincia di Pisa è stato perlustrato. Senza alcun risultato

Il mistero della scomparsa di Roberta Ragusa continua

Il mistero della scomparsa di Roberta Ragusa continua

Pisa, 13 luglio 2019 - Grotte, spelonche, cimiteri, campagne, pozzi artesiani, canali di scolo, corsi d’acqua, perfino il lago di Massaciuccoli è stato perlustrato a fondo. Eppure il corpo di Roberta Ragusa non è mai stato trovato. È per questo che la procura e i giudici di tre diversi gradi di giudizio sono giunti alla conclusione che il suo cadavere sia stato soppresso.

Antonio Logli si professa innocente, ma non gli hanno creduto. Anzi, già la Cassazione nel 2016 decretò che la scomparsa di Roberta non fosse dovuta a un allontamamento volontario ma che l’unica pista investigativa fosse quelal dell’omicidio in famiglia. E allora il suo corpo dovè?

Negli anni scorsi le ricerche hanno battuto palmo a palmo il territorio e segnalazioni e suggestioni, scrive il presidente della corte d’appello che lo ha condannato Maria Cannizarro, «sono state tutte scrupolosamente verificate». Ma senza esito. Il corpo della donna fu cercato dagli speloelogi dei vigili del fuoco nelle grotte del Monte Pisano a Buca delle Fate, verifiche furono fatte anche presso l’inceneritore e perfino al forno crematorio, pur se ritenute già in partenza segnalazioni prive di fondamento.

Nessuna traccia di lei neppure in decine di pozzi perlustrati dai carabinieri nelle campagne sangiuianesi e del Pisano anche se i pozzi non censiti sono centinaia e gli inquirenti hanno sempre ammesso che potrebbere essere stato nascosto il corpo in uno di questi senza che forse si riuscirà mai a trovarne i resti.

Fu perlustrato per giorni anche il fondale limaccioso del lago di Massaciuccoli, ma niente. E poi boschi, vegetazione selvaggia, perfino sopralluoghi con l’impiego di georadar non hanno rivelato tracce degne di nota. Dalla notte della sua scomparsa Roberta è diventata un fantasma.

Dopo la lite violenta che le costò la vita, secondo i giudici che lo hanno condannato, Logli caricò il suo corpo in auto per abbandonarlo chissà dove. Tuttavia il mancato ritrovamento del cadavere non è sufficiente per i giudici a scagionarlo, anzi. Nelle mtovazioni della condanna in appello il giudice Cannizzaro è lapidaria: «Logli è certamente l’ultimo ad averla vista viva e ad averla portata coattivamente via con sé». E aggiunge: «A prescindere dalla circostanza tecnica che non sia stata contestata la premeditazione, indica chiaramente che l’imputatosi fosse comunque già prefigurata nei dettagli l’evenienza della soppressione della moglie ponendosi e con un certo anticipo il problema di disfarsi del cadavere, in modo senza dubbio efficente alla luce degli eventi».

E’ stato lui a far sparire il corpo, dunque. E ha avuto tutto il tempo per farlo. Una notte intera fino quasi alle 7 del mattino successivo, quando denuncia la scomparsa. Ore durante le quali Logli può avere scorrazzato in lungo e in largo sul territorio in auto, con il corpo esanime di Roberta a bordo, lungo strade buie e desert e, soprattutto, secondarie. Evitando quindi di imbattersi in eventuali controlli o posti di blocco.

Del resto, conosceva quelle campagne a menadito e poteva scaricare il suo corpo ovunque, occultandolo in prima istanza e poi eliminandolo definitivamente nei giorni a seguire, quando ancora recitava la parte del marito disperato in cerca della moglie e non era indagato, né la sua auto era stata controllata dagli esperti scientifici dei Ris (cosa che avvenne solo molti mesi più tardi). Senza contare, ricordano oggi gli investigatori, che «in alcune aree rurali e boschive prossime a Gello è sufficiente il passaggio degli animali selvatici per far sparire definitivamente i resti: in pieno inverno sono posti isolati e praticamente mai frequentati».