"La prova che Cosa Nostra è vulnerabile"

Il procuratore Crini dopo l’arresto di Messina Denaro: "Un grande lavoro di polizia e colleghi: l’impunità non esiste per nessuno"

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di Carlo Baroni

Matteo Messina Denaro ebbe per maestro Totò Riina, ne è stato l’erede, fino a poche ore fa. E il dottor Alessandro Crini (in foto), oggi procuratore capo di Pisa - per anni in prima linea tra i magistrati antimafia fiorentini – ebbe anche un faccia a faccia con il capo dei capi: "Andammo a sentirlo per alcune dichiarazioni che aveva reso in un processo – ricorda Crini -. Disse solo che ce l’aveva con me e Nicolosi per l’ergastolo che gli avevamo rifilato. Ma furono i suoi occhi a colpirmi, quel battito di ciglia in perfetto stile mafioso, carico di minaccia non lo dimenticherò mai; aveva il sapore di quello che dice: “a voi ci penso io“".

Riina, come poi Provenzano, non ha mai parlato. Cosa aspettarsi da Messina Denaro?

"Tema questo che riguarda i colleghi che lo stanno trattando. E’ chiaro però che potrebbe recitare gli ultimi trent’anni di Cosa Nostra: dalle stragi, al notevole contesto criminale in cui ha operato, soprattutto nel trapanese. Se deciderà di farlo deve sedersi davanti a più magistrati, da quelli di Palermo per la sua attività mafiosa, a quelli di Caltanissetta e Firenze per le stragi".

Una caccia durata trent’anni, un arresto le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Cosa ci dice, oggi, il fatto che Messina Denaro sia in carcere?

"Ci dice che c’è grande attenzione dello Stato, e quando dico Stato intendo tutte le articolazioni, dalle forze di polizia ai colleghi che stanno operando. Ma ci dice di più: prima o poi il momento di rendere conto arriva, l’impunità non esiste. Neppure se sei Matteo Messina Denaro".

Ma abbiamo acciuffato un boss in declino, o un capo nel pieno delle sue funzioni?

"Non è un uomo di scarto, è certamente un leader. E’ figlio di mafioso, prima di lui c’era il padre. Cosa Nostra non è una struttura dove si va e si viene. Messina Denaro è un uomo d’onore da quando era ragazzo. Un uomo di punta, la cui centralità risulta dimostrata dal ruolo che ebbe nella campagna stragista".

Una latitanza record: si è parlato tanto anche di coperture di cui il boss potrebbe aver beneficiato

"Vede, tutti gli apicali sono stati presi, era rimasto solo lui. Ma in particolare mi sono convinto di una sostanziale autoreferenziale di Cosa Nostra. Messina Denaro è un leader con una conoscenza a tutto campo dell’organizzazione criminale che ha come caratteristiche peculiari il mimetismo e il non protagonismo che fanno da collante ad una catena di Sant’Antonio per favorire l’invisibilità: la sua massima efficacia arriva quando i boss sono nelle loro terre. Quando escono da certi contesti diventano prede più facili: fu così anche con i Graviano, che infatti arrestammo a Milano. Anche nel ’92 quando Riina li spedì tutti a Roma per fare la pelle a Falcone, Costanzo e Martelli, prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio, e c’era anche Messina Denaro, lasciarono tracce".

Cosa Nostra ha già un altro re?

"Le stragi dettero visibilità a persone, ma dietro di loro noi sappiamo che c’erano capi famiglia, capi mandamento. Cosa Nostra è una struttura verticistica, violenta e criminale, vive sul presupposto della disuguaglianza: chi sta sopra ha il potere di vita o di morte di chi sta sotto. Un capo, o anche più capi, ci saranno di certo".