REDAZIONE PISA

Influenza di stagione: negli uomini dura di più

L’infettivologo Francesco Menichetti, Presidente del Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica (Gisa): "Donne più resilienti"

Papalina di lana in testa, termometro fisso in bocca, pezza di acqua gelida ed aceto sulla fronte e due coperte di lana con cui trascinarsi lamentoso per tutta casa. Questo è il ritratto dell’uomo con la febbre (che si tratti di 37.2 o 39, poco importa). Ma è davvero così o è solo la "denigrazione" gratuita che il genere femminile appiccica all’uomo? La risposta è affidata ad uno studio scientifico di ricercatori di medicina dell’università di Innsbruck. Ma quello studio non convince totalmente il professor Francesco Menichetti (nella foto), infettivologo e presidente del Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica (Gisa). I ricercatori austriaci sostengono che ci troviamo difronte ad una sorta di ipocondria di massa maschile. Lo studio ha monitorato l’andamento della sindrome influenzale in 113 soggetti schedati da dieci centri di studio in Austria e Polonia (49 uomini e 64 donne) tra i 18 e i 75 anni. I medici controllavano i dati di ogni paziente per tre volte, all’inizio, dopo quattro e dopo sette giorni. In contemporanea, li sottoponevano a interviste in cui gli chiedevano di auto-valutare la propria condizione di salute. Il risultato è impietoso: i ricercatori ritengono che non ci sia alcuna apprezzabile differenza fra il raffreddore maschile e quello femminile. Ma c’è il rovescio della medaglia, cioè dello studio, che può suonare come alibi per l’uomo perché nelle donne, l’influenza dura in genere, di meno. Gli scienziati di Innsbruck scrivono: "…vi è un’interazione degli ormoni sessuali con il sistema immunitario; le donne hanno una maggiore capacità di produrre anticorpi che aumentano l’attività immunitaria e quindi una resistenza più rapida ed efficace alle infezioni. Inoltre, le funzioni immunitarie femminili sono generalmente meno vulnerabili alle influenze ambientali rispetto a quelle maschili".

Sul punto, Menichetti non è d’accordo. "La risposta immunitaria non è di genere. La risposta immunitaria è individuale. La moderna immunologia suggerisce che la risposta sia personale e personalizzata anche se la ricerca degli austriaci dà spunti interessanti". Secondo Menichetti queste differenze tra uomo e donna sono legate più che altro a fattori psicologici: "Può essere che l’uomo sia più propenso a ‘denunciare’ il suo malessere. La donna è più resiliente, e non vi sono dubbi, e quindi non parlerei di genetica o di genere". Sempre sul tema, il nostro infettivologo aggiunge che ci sono patologie legate al genere sessuale ma non sono di tipo virale.

"Ad esempio – dice Menichetti - l’emofilia si trasmette attraverso il corredo genetico della donna ma chi ne è colpito, è l’uomo. Ma siamo in un altro campo, non in quello virale". Insomma, l’uomo si attrezzi a sopportare "stoicamente" la sua influenza, con la donna che gli traccia la via per una pronta guarigione. Il genere non c’entra. Carlo Venturini