La chitarra di Mazzini torna a suonare / FOTO

Uno dei cimeli conservati nella Domus riaperta ai pisani

La chitarra del patriota con Simone Kovatz, dipendente universitario

La chitarra del patriota con Simone Kovatz, dipendente universitario

Pisa, 12 marzo 2018 - La musica che unisce. Un linguaggio universale quello delle note per Mazzini, la «sola favella comune a tutte le Nazioni». Nella Domus a lui dedicata a Pisa, dove morì il 10 marzo del 1872, è stata ricollocata proprio sabato, nel 146° della sua scomparsa, una delle chitarre appartenute al patriota. Un cimelio restaurato, grazie al contributo dei Rotary Club di Milano Naviglio Grande San Carlo e di Milano Borromeo Brivio Sforza, dal maestro liutaio Federico Gabrielli. Gli altri due esemplari esistenti si trovano a Genova e dal maestro Battaglia. Un oggetto antico e speciale appartenuto alla madre del politico italiano che imparò, da ragazzino, i primi motivi proprio su quelle corde.

L’amore per la melodia lo accompagnò per tutta la vita. In suo onore, l’altro giorno, è stata suonata con musiche di Paganini, Rossini, Verdi e Giuliani. Molte le particolarità custodite in questa casa della cultura, proclamata nel 1910 monumento nazionale e completamente distrutta durante il bombardamento del 31 agosto 1943.

Dalle sue macerie, dopo la guerra, nacque la Domus. Con lo scopo di raccogliere le sue opere e anche il suo insegnamento. Nel 2009, il comitato dei garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia l’ha individuata tra il «luoghi della memoria» (sono stati quattro in tutto) degno di restauro, concedendo 2,5 milioni di euro.

Fu inaugurata rinnovata nel 2011 dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Molti i problemi di personale in passato per tenerla aperta. Poi è iniziata una nuova epoca con l’affidamento alla Normale e da pochi mesi è amministrata dall’Università di Pisa che ha firmato una convenzione con la Scuola d’eccellenza.

Un memoriale dove sono conservati molti scritti di uno dei padri del Risorgimento e anche giudizi su chi lo conobbe e frequentò: «Mazzini è un amico che si deve tener caro, che è il migliore sempre nelle ore del bisogno... ha un potere di identificarsi con chi ama, per lo meno nei loro dolori ch’io non ho mai visto eguagliato» dice la letterata britannica Jane Welsh Carlyle; tante anche le lettere, gli strumenti e gli oggetti dell’epoca, tra cui una giubba garibaldina. E l’unica copia del «giuramento» autografo della Giovine Italia. La formula segreta doveva essere imparata a memoria, ma Giuseppe Giglioli, uno dei collaboratori del rivoluzionario, lo aveva dimenticato. In una lettera del luglio 1831, Mazzini lo rimproverò, ma, subito dopo, gli scrisse il testo in modo che potesse studiarlo. Alle pareti del tempio mazziniano è affissa anche la mappa dei paesi da lui visitati e dove diffuse il suo messaggio, come Londra.

«Qui – racconta il direttore della Domus Pietro Finelli durante la visita guidata domenicale – trovò moltissimi piccoli italiani mandati per le strade a chiedere l’elemosina. Una scoperta che lo colpì tanto e a cui seguirono tre provvedimenti». Aiuti agli operai, azioni legali per impedire l’affitto dei minori e la scuola per bambini italiani. Dove lui stesso insegnò. Una delle materie scelte fu l’astronomia. «Perché i lavoratori che avevano turni di 12 ore, quando tornavano a casa la sera, già di buio, potevano così orientarsi con le stelle. Un modo, poi, per elevarli spiritualmente».

Una casa che ora resterà aperta, la promessa dell’ateneo pisano. Dal lunedì al venerdì tutti i giorni e il sabato su prenotazione. Iniziative speciali sono previste il secondo weekend di ogni mese. «Intendiamo così consolidare e valorizzare quel legame tra Università di Pisa e Domus – afferma il rettore Paolo Mancarella, che da alcuni mesi è stato nominato presidente – che fa parte della tradizione dell’Istituto, se solo pensiamo che tra i suoi fondatori c’è il rettore Augusto Mancini e che tra i presidenti molti sono stati i docenti dell’Ateneo, come Ezio Tongiorgi». «Un luogo – prosegue – dove la ricerca scientifica si trasforma in dibattito pubblico e la storia diventa educazione alla cittadinanza attiva. In questo senso stiamo valutando proposte interessanti che ci vengono da qualificati interlocutori, come, a esempio, quella di dare vita a un ‘Centro per lo studio della democrazia’ che potrebbe avere sede proprio qui». Fra politica, storia e musica.