Caso Obi, le motivazioni: Marconi squalificato per la “plausibilità” del fatto

Nessuna prova oggettiva che la frase “la rivolta degli schiavi” sia stata rivolta al calciatore del Chievo, la squalifica decisa sulla base delle dichiarazioni dei clivensi. La difesa si appellerà al Coni

Michele Marconi

Michele Marconi

Pisa, 12 maggio 2021 – Condannato senza prove certe, ma solo perché “plausibile” che sia stato commesso il fatto. Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza che ha portato alla squalifica di 10 giornate nei confronti di Michele Marconi per la frase “la rivolta degli schiavi” rivolta, secondo il tribunale al calciatore Obi del Chievo, nel corso della sfida del 22 dicembre scorso. La difesa ricorrerà in appello.

DISPOSITIVO – Nel dispositivo, pubblicato dalla Figc, la Corte di Appello Federale aveva deciso in maniera diametralmente opposta rispetto al Tribunale Federale, accogliendo la richiesta della Procura di impugnare la sentenza di primo grado che aveva assolto Michele Marconi dalle prime accuse.

LE MOTIVAZIONI – Nonostante la conferma che non ci siano prove dirette, che nessuno tra arbitro, ufficiali di gara federali e televisione, abbia sentito la frase incriminata, tutto si è basato sul principio della plausibilità. Nelle 23 pagine del documento, la conclusione della corte è stata la seguente: “sviluppando il ragionamento logico, appare dunque verosimile la tesi della Procura per cui non vi sarebbe altra plausibile ragione idonea a giustificare la reazione dei giocatori in panchina se non quella di aver udito una frase certamente grave ed offensiva”. Per la corte, si prosegue nella lettura, “non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale, ma è sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito”.

FABBRO E DE VITIS - Tra le nuove dichiarazioni, anche Michael Fabbro si è espresso contro il suo ex compagno: “ho sentito la frase “la rivolta degli schiavi” rivolta dal signor Marconi nei confronti di Obi, dopo uno scontro di gioco. Contestualmente alcuni miei compagni in panchina con me, si sono alzati per richiamare l’attenzione del quarto uomo e dell’arbitro”. Non è stato dato seguito invece alla difesa di Alessandro De Vitis:Non ho sentito alcuno scambio di battute o insulti tra Marconi e Obi”.

APPELLO – Ignorate, da parte della corte d’appello la questione legata ai termini chiesti dalla difesa, per la presentazione di memorie difensive supplementari, un altro possibile vizio di forma al quale potrebbe essere possibile appellarsi. “Questa Corte - si legge nella nota, - ritiene infondata la censura dedotta dal procuratore del deferito in udienza, secondo cui l’acquisizione delle dichiarazioni testimoniali in assenza di contraddittorio avrebbe leso il diritto al giusto processo ed il diritto di difesa. Il baricentro, in tal modo, pare spostarsi (soprattutto quanto alla deroga al vincolo juxta allegata partium) dal principio dispositivo - caratterizzante il modello accusatorio - a quello inquisitorio, in cui esiste libertà di indagine probatoria di chi deve decidere", un vecchio principio di procedura penale. La difesa, con il legale del calciatore Alessio Piscini, ricorrerà in appello al collegio di garanzia del Coni.

Michele Bufalino