
Pecore Elettriche
Firenze, 27 luglio 2025 – Sarà un’estate mutilata e di sofferenza piena per il Pd, costretto a confrontarsi con inchieste che lasciano ampio margine per maramaldeggiare ad alleati e avversari. Prato, Milano, Pesaro.
La sindaca pratese Ilaria Bugetti s’è dimessa, ma ogni discussione è aperta. La componente riformista guidata dall’ex sindaco ed ex parlamentare Matteo Biffoni chiede il congresso. Intanto domani sera ci sarà un’assemblea aperta alla cittadinanza sul futuro della città.
A Milano, Beppe Sala ha deciso di non dimettersi dopo l’inchiesta che intanto ha portato l’assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi a lasciare; il Pd nazionale ha scelto di non scaricare il sindaco, ma ancora non sono chiare le condizioni imposte all’amministrazione, alla quale comunque è chiesta discontinuità. Gli alleati a Cinque Stelle per la verità invocano onestà-onestà-onestà, lasciando intendere che o le cose si chiariscono oppure il progetto strategico del Campo Largo potrebbe essere messo in discussione.
Come a Pesaro, dove Beppe Conte vuole capire bene che cosa c’è nelle carte dell’inchiesta che coinvolge 24 persone, tra cui Matteo Ricci, candidato alla presidenza della Regione Marche.
L’attività politica del Pd è comunque assai rallentata; non sono previste Direzioni nazionali (d’altronde non ce n’è stata una nemmeno dopo i referendum di giugno). Solo due giorni fa è stata comunicato che la festa nazionale dell’Unità si terrà dal 2 al 14 settembre a Reggio Emilia (dopo aver valutato anche l’ipotesi di farla a Firenze). Una festa storica come quella di Fiesole prima era stata annullata (“Come avrete capito dai silenzi e dai ritardi, quest’anno la Festa de l’Unità non si svolgerà, almeno nella forma che da decenni conosciamo”, annunciava un post su Facebook lo scorso 21 giugno), poi, in seguito al clamore mediatico, è stata parzialmente ripristinata, anche se in una modalità straridotta che niente ha a che vedere con il passato.
Insomma, nella migliore tradizione vacanziera all’italiana, tutto è rimandato a settembre. Forse anche quel confronto fra maggioranza e minoranza del Pd che qua e là sembra emergere in alcuni momenti mediaticamente sapidi (di solito quando c’è di mezzo la guerra o il Jobs Act). Ma se c’è una cosa che Elly Schlein non ama particolarmente è il dibattito pubblico.
E questo perché il dibattito pubblico ha bisogno di materiale più complesso di una diretta su Instagram o di un’infografica a social unificati. Intendiamoci, non è tutta responsabilità della segreteria nazionale; il problema è anche dell’opposizione interna, che salvo qualche caso (Giorgio Gori, Pina Picierno) non esiste. Stefano Bonaccini, presidente del Pd, in teoria capo dell’opposizione a Schlein, è il grande assente. Almeno in pubblico.
Non ci sono sue prese di posizione significative sulla linea politica di Schlein (mai state, peraltro, ed è così dal giorno della sconfitta alle primarie). Il che sta sollevando più di una perplessità nei confronti della sua leadership. Resta da capire chi mai possa opporsi alla segretaria che invoca linee politiche testardamente unitarie pur di fare contento Conte, animatore del comitato etico del Campo Largo. Nessuno osa dirgli niente, perché l’obiettivo principale del Pd è mettere a proprio agio il M5S, un po’ dappertutto.