Nino D’Angelo, il poeta della musica felice

Sabato sarà in concerto al Teatro Verdi. Quarant’anni fa il suo "’Nu jeans e ’na maglietta", inno alla vita semplice e dei bei sentimenti

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Quarant’anni fa usciva "‘Nu jeans e ‘na maglietta", la canzone che gli avrebbe cambiato la vita, seguita nel 1983 dal film di successo con lo stesso titolo. Ma la carriera musicale di Nino D’Angelo, che quest’anno spegne 65 candeline, era già iniziata nel 1976.

Sabato 19 marzo l’artista napoletano torna in città, sul palco del Teatro Verdi, con il suo nuovo tour. Canterà i brani più amati, da quando portava il caschetto di capelli biondi, come appunto ‘Nu jeans e ‘na maglietta, Pop corn e patatine e Maledetto treno. Poi quelli della successiva svolta musicale: Senza giacca e cravatta, Jesce sole, O pate’ e Brava gente. Non mancheranno i brani del suo ultimo album, uscito lo scorso ottobre, come Voglio parlà sulo d’ammore, Cattivo penziero e Sultanto si perdesse a te.

È lui stesso a raccontare la sua vita artistica, caratterizzata da una continua crescita, mantenendo un’umiltà non sempre diffusa nell’ambiente dello spettacolo. Da pochi mesi, tra l’altro, è uscita la sua autobiografia "Il poeta che non sa parlare" (Baldini e Castoldi).

Come iniziò la sua carriera?

"Facevo la sceneggiata napoletana, oltre quarant’anni fa. Ero il pupillo del grande Mario Merola, di cui ero considerato l’erede. Poi decisi di cambiare strada e ho inventato il mio genere. Sono grato al pubblico che in tutto questo tempo non mi ha fatto mancare il suo affetto. Certi soggetti invece avrebbero preferito che finissi nell’ombra".

In che senso?

"Le grande case discografiche spendevano molti soldi e tempo per inventarsi un artista. A differenza di altri sono riuscito ad avere successo quasi con il porta a porta. Ero consapevole di aver dato qualcosa di nuovo e sono andato avanti. Sono ancora qua: l’apprezzamento popolare è una cosa che fa bene".

Nel 1997 scrisse le musiche e le canzoni del film di Roberta Torre "Tano da morire", dove la mafia veniva messa alla berlina. I suoi ammiratori scoprirono così che lei aveva un grande senso dell’ironia. Come venne coinvolto nel progetto?

"Roberta stava girando un documentario sulla mia vita, dal titolo “A volo d’angelo“ e mi chiese di comporre le musiche del nuovo film. A Palermo la canzone napoletana è molto amata e gli attori, tutti presi senza esperienza non ebbero alcun problema a cantarle".

Fantastica l’idea del pezzo disco anni Settanta per mettere in dubbio la mascolinità di cui tanti mafiosi vanno fieri con orgoglio…

"L’ironia è la strada giusta, anche per affrontare i problemi della vita. Sono quasi arrivato a 65 anni e sa qual è la cosa più bella? Non devo più dimostrare niente a nessuno. Non amo il vittimismo e in tutti questi anni di carriera mi sono conquistato il rispetto della gente, grazie alla passione e al talento. Sono due doti fondamentali in campo artistico. La prima è fondamentale. Se manca è inutile avere talento".

Nel corso della sua carriera ha pure avuto esperienze di recitazione con il teatro d’avanguardia. Una bella differenza rispetto ai suoi esordi.

"Sono molto contento di aver potuto lavorare con registi del calibro di Davide, autore di interessanti allestimenti che riprendono le opere di Pierpaolo Pasolini e Luigi Pirandello. Pensi che a Montecatini ci sono sempre venuto per i miei concerti, raccogliendo un buon successo. Nessuno mi ha mai invitato ai programmi televisivi trasmessi dalla città".

Daniele Bernardini