Ippica, vince una corsa a 78 anni. "Smettere? Non ci penso proprio"

Manlio Capanna si impone all'ippodromo del Visarno. Ma non è record: Vivaldo Baldi vinse a 81 anni

Manlio Capanna con la sua tradizionale giubba rosa

Manlio Capanna con la sua tradizionale giubba rosa

Montecatini Terme. 15 febbraio 2019 - Manlio Capanna vince ancora. Martedì scorso all’ippodromo del Visarno il driver romano ma toscano di adozione ha dato l’ennesima lezione di guida ai colleghi portando a casa la prima vittoria del 2019 in sulky ad Usa Light. E’ uno di quei casi in cui l’età anagrafica non coincide con quella biologica, a 78 anni la sveglia suona ancora all’alba come se il tempo dedicato al sonno vada sprecato. Non è da scrivere come una vittoria da record, ricordiamo che l’indimenticabile Vivaldo Baldi vinse la sua ultima corsa nell’estate del 2005 al Sesana a 81 anni suonati. Capanna è un ippico di altri tempi, continua ad amare il suo lavoro oltre il brivido della pista. Dietro ai due minuti di corsa c’è un mondo fatto di sacrifici e fatica e Manlio da gran lavoratore non si è mai tirato indietro amando il dietro le quinte quanto il palcoscenico.

“Non ho mai avuto paura” è la prima cosa che dice il driver romano ripercorrendo la sua avventura nell’ippica. “E’ un mestiere che non si può amare a metà. Ho dedicato tutta la vita a questo sport e ricomincerei un milione di volte. Spesso mi chiedono se ho voglia di andare in pensione, rispondo sempre che appenderò le guide al chiodo quando mi renderò conto di aver paura. A 78 anni continuo a correre cercando di raccogliere il più possibile, di questi tempi per sopravvivere è utile anche un piazzamento. Per fare questo lavoro non bisogna aver paura ne pensare troppo, è un mestiere che non può darti garanzie”.

Manlio, come è arrivato in Toscana?

“Da ragazzino a Roma lavoravo in scuderia con i miei fratelli Andrea e Rodolfo, appena maggiorenne nel ‘59 presi la licenza per correre, sono rimasto a Tor di valle fino ai primi anni ‘70 quando mi chiamò Ubaldino Baldi per offrirmi un lavoro in Toscana. Accettai senza pensarci due volte. Iniziò così la mia avventura in Toscana”.

Dalla fine degli anni ‘70 ai primi anni ‘90 ha animato il parterre del Sesana con cavalli e guidate sopra le righe. I suoi ricordi più belli?

“Un'ippica indimenticabile. I cavalli portavano con sé grandi storie, le scuderie profumavano di sogni, la rivalità tra i guidatori finiva con una pacca sulla spalla e un caffè. C’era il consiglio, il finimento prestato, il favore da restituire. A quei tempi avevo una media di cinquanta cavalli in scuderie, giravo per le piste italiane per valorizzare i miei allievi cercando le condizioni migliori anche se il buon cavallo da corsa si costruisce al mattino con un buon allenamento. Non ho mai creduto alle favole”.

Oltre mezzo secolo di storia nell’ippica e centinaia di cavalli. Uno che le è rimasto nel cuore?

“Ogni cavallo ti lascia qualcosa ma Oronte è sicuramente in cima alla lista. Un cavallo che non sapeva fare niente addirittura lo avevano messo a sella perché sembrava negato per correre. Sono partito da zero, ho provato e riprovato fino a quando non ho visto la scintilla. Una mattina in scuderia ho capito di essere sulla strada giusta e i risultati mi hanno dato ragione. Nove piazzamenti classici dal 1993 al 1998 ed una vittoria speciale nel Gp Due Mari a Taranto. Ricordo la tribuna del Sesana strapiena nel Gp Nello Bellei (allora denominato Dante Alighieri) 1993 dove arrivai secondo dietro a Omsk guidato da Carlo Bottoni”.

La vittoria più bella?

“In realtà sono due con lo stesso cavallo. Al Sesana Gran Premio Dante Alighieri 1992 con il generoso Nemo di Jesolo. Avevo un conto in sospeso con la pista di Montecatini, l’anno precedente sfiorai la vittoria nel Società Terme. Nella stagione dei quattro anni sempre con Nemo vinsi anche il Città di Torino. Due vittorie speciali a cui ogni tanto ripenso volentieri. Purtroppo l’ippica di oggi ci costringe a sfogliare l’album dei ricordi per resistere”.

Il Sesana nella sua storia ha avuto un ruolo importante.

“E’ l’ ippodromo che mi ha permesso di andare oltre, credo di essere cresciuto molto su quella pista frequentata dai migliori professionisti d’Italia”.

Qualche giorno fa il ritorno al successo. La vittoria ha sempre il sapore di cinquant’anni fa?

“Si corre per vincere, sempre e a qualunque età”.

Capanna ormai è un icona dell’ippica toscana, il driver di riferimento degli appassionati che lo aspettano ancora sul palo. La storica giubba rosa con i nomi dei fratelli scomparsi scritti in grigio rappresenta un uomo fuori dagli schemi con la sua barba grigia e il suo accento romano. Un uomo che non accetta sconti, che non ha paura a dire la sua a costo di restare antipatico e forse il suo elisir è proprio questa vita a cielo aperto scandita dai parziali di un cronometro,