Cure ai pazienti fragili: la lettera: "Anziani considerati come numeri. Quando è un caro non lo accetti"

L’intervento-sfogo di un familiare dopo una deludente esperienza riscontrata in un ospedale "Ho ringraziato il sistema sanitario pubblico che lo ha tenuto in vita, ma poi i nodi vengono al pettine".

Cure ai pazienti fragili: la lettera: "Anziani considerati come numeri. Quando è un caro non lo accetti"

Cure ai pazienti fragili: la lettera: "Anziani considerati come numeri. Quando è un caro non lo accetti"

"Un anziano che si trova davanti al servizio sanitario nazionale, spesso viene considerato soltanto un numero, e questo lo fa soffrire molto". Inizia così l’intervento di Gemma Degli Innocenti che vuole raccontare cosa ha provato un suo caro in una situazione del genere. "È tutta una questione di fortuna – inizia la donna – Di fortuna, e di persone. E di età, anche quella. Metti tutto insieme, miscela e spera. Spera che la fortuna, le persone giuste e l’età siano dalla tua parte. Perché se non è così, cari miei, sono cavoli amari. Me ne frego se sarà l’ennesima lamentela sulla sanità pubblica, ma ho voluto mettere nero su bianco considerazioni nate da una recente deludente esperienza, dopo anni di gratitudine a questo settore".

Degli Innocenti ribadisce con amarezza che "quando il numero è un tuo caro, diventa inaccettabile. Un caro fragile, ma con una tenacia da leone, che negli anni è riuscito ad avere una vita normale in condizioni cliniche che un’altra persona avrebbe sostenuto al massimo per pochi mesi. E allora ho ringraziato il sistema sanitario pubblico che lo ha tenuto in vita permettendogli di fare cose inimmaginabili. Ma quando si è fragili, si è una corda che al primo attrito si sfilaccia velocemente e la devi recuperare bene e subito. Ed è allora, quando la sanità nazionale deve pensare a te che i nodi vengono al pettine".

La donna sottolinea che "in questo lungo periodo in ospedale tra speranze e delusioni, capita pure di incontrare un’infermiera a cui chiedi un’informazione e lei, seduta dietro il pc al bancone del reparto, ti dirà che non sa se puoi chiederle questa informazione perché lei ’c’è ma è come se non ci fosse’ ... ’Ok’ , dici tu, ’mi faccia chiedere a chi è qui ma per davvero’. E lei ti risponderà, in un reparto dove un tuo caro sta attaccato alla vita con un filo di lana, che ’se glielo richiedi per benino l’informazione te la dà anche, anche se lei lì non dovrebbe esserci nemmeno più da venti minuti buoni’. O ancora capita di avere a che fare con medici che descrivono la situazione del tuo caro con frasi del tipo ’regge l’anima coi denti’, mentre ti guardano pure con occhi compassionevoli mentre taci esterrefatto dal modo, non dal contenuto. Solo una famiglia di medici ed infermieri con stanza ospedalizzata pronta avrebbe potuto accogliere una persona dimessa in certe condizioni".

La signora si chiede se sia "giusto dimettere un paziente critico da un ospedale pubblico il venerdì, consapevoli che i familiari riceveranno solo il lunedì successivo parte dell’occorrente per la sua assistenza e che solo il lunedì potranno mettersi in contatto con il proprio medico curante? Quello che so è che succede. Speri di no, ma la vita è un susseguirsi di situazioni che capitano. Allora speri e preghi più forte di quanto hai fatto finora".