Ammanco ad Acque spa, processo bis

Il primo è stato annullato per un cavillo, ora rischio prescrizione

Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza

Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza

Montecatini Terme, 20 marzo 2019 - Rinviati  a giudizio per la seconda volta. Buco ad Acque Spa, si riparte da capo. A fine maggio a Pisa si terrà la prima udienza di un processo tutto da rifare, si rischia adesso la prescrizione. La vicenda giudiziaria è complessa: dodici anni fa da Acque Spa, tutelata dall’avvocato Stefano Del Corso, spariscono oltre un milione e 800mila euro tramite un sistema di bonifici ovviamente non autorizzati. Sotto accusa un uomo e una donna, di cui, da subito, si perdono le tracce. All’epoca, è il 2007, sono una coppia: lui Enrico Busetta (seguito dai legali Sandro Guerra di Firenze e Nicola Angioni di Cagliari), pluricinquantenne di origini catanesi, ultima residenza a Monsummano Terme; lei cinquantenne di Capannori, Laura De Liso (difesa dalla penalista Lodovica Giorgi di Lucca), dipendente della ditta di Ospedaletto. Tanti soldi, anche se una cifra consistente viene quasi immediatamente recuperata grazie all’iniziativa dell’azienda. Ma resta aperto il piano penale. 

Ammanco e movimenti vengono ricostruiti con indagini non semplici dalla guardia di finanza di Pisa, coordinate dalla sezione di polizia giudiziaria presso la procura della Repubblica. Le varie tessere portano a rintracciare i due a Santo Domingo, nei Caraibi. A novembre 2008 il giudice Pietro Murano emette un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, misura che non si riesce a eseguire dato che i due amanti, poi ex, non vengono trovati. Da qui il decreto di latitanza. Si arriva a una sentenza, è maggio del 2012: i due vengono condannati a 7 anni e 10 mesi per peculato in concorso. I giudici (presidente Luca Salutini, a latere Marco Dell’Omo e Donato D’Auria) accolgono la richiesta del pubblico ministero Flavia Alemi che aveva chiesto 8 anni. La difesa presenta appello (ma il processo si celebra dopo 6 anni), sostenendo che il decreto di latitanza non è stato legittimamente adottato, perché non sarebbero state compiute puntuali ricerche per trovare l’uomo e la donna. I giudici di secondo grado lo dichiarano nullo e con esso anche la sentenza di primo grado. Quindi le nuove ricerche e un secondo decreto di latitanza. Ieri siamo ripartiti dall’udienza preliminare, ma il reato si prescrive in 12 anni e mezzo, vale a dire fra poco. Si torna in Tribunale a fine maggio.