
Appuntamento venerdì sera al Garibaldi. Lo spettacolo di Marconi prosegue la linea estetica del precedente show ’Le Baccanti’
di Francesco Marinello
Un Giotto postumo, allucinato, perseguitato dalla memoria e dalla bellezza calca le scene del Teatro Garibaldi il 9 maggio alle 21, nello spettacolo "Viaggio per terra e per cielo di Giotto pittore fiorentino", messo in scena dalla compagnia "Gli Itineranti" di Carrara con il sostegno dell’Associazione Futura e in partnership con Anfass, alla quale andrà devoluta una parte del ricavato del biglietto di €15. Il titolo, omaggio poetico a Mario Luzi e al suo "Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini" (1994), è già una dichiarazione d’intenti: un’opera teatrale che abbandona ogni pretesa documentaria per intraprendere un percorso onirico e decadente, in bilico tra cielo e terra, memoria e oblio, arte e distruzione. Sul palco, Matteo Conti, Cristian Marcesini, Alessia Cangelosi, Arianna Santini, Davide Pianini, Leonardo Marselli e Giulia Rigo. In scena, pochi oggetti: due panche a formare una navata e, sul fondo, la proiezione del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni.
Una scenografia minimal per uno spettacolo che, a detta del suo autore Jacopo Marconi, si ispira alla poetica della Compagnia Lombardi-Tiezzi, e in particolare al lavoro di Federico Tiezzi in "Vita immaginaria di Paolo Uccello", dove la figura del pittore diventa emblema di un’artista maledetto, in lotta contro la perdita di memoria. Anche Marconi si interroga su questo concetto e la risposta prende forma in un Giotto che, dopo la morte nel 1337, si muove come un dannato, dialogando nell’aldilà con il suo maestro Cimabue, mentre i suoi allievi, in terra, cercano disperatamente di tenere viva un’eredità artistica che si fa sempre più evanescente.
Questo doppio piano, ultraterreno e materiale, si sovrappone in un gioco di specchi tra finzione e realtà, naturalismo e illusione. Il tutto in un crescendo che si fa sempre più surrealista, con echi di Thomas Bernhard e riferimenti culturali che spaziano da Ernesto De Martino a Ranuccio Bianchi Bandinelli, fino alle distopie corporee di David Cronenberg. Nel finale, lo spettacolo esplode in una visione apocalittica: un mondo post-atomico popolato da creature deformi, simboli della nostra incapacità di custodire la bellezza e la memoria. In questo scenario cupo, Giotto ritorna con la croce di Cristo sulle spalle, per essere infine schiacciato dai suoi stessi simili, in un gesto che denuncia la lenta e silenziosa soppressione del diverso, del maestro, del simbolo culturale.
L’opera di Marconi prosegue così la linea estetica tracciata dal precedente spettacolo "Le Baccanti", con richiami al teatro danza di Pina Bausch e alla poetica del movimento di Nikolaj Karpov. Costumi e oggetti nascono dalla quotidianità e vengono risemantizzati in scena, per restituire concretezza al corpo e parola viva al testo recitato, che rifiuta il chiacchiericcio sterile della quotidianità e dello stesso teatro contemporaneo. Un appuntamento per chi crede ancora che l’arte debba interrogare il presente, e non solo rappresentarlo. Per chi pensa, con le parole dello storico dell’arte Giovanni Agosti, che l’arte può rendere la vita un po’ meno peggio di quella che è. "Gli Itineranti" saranno al lavoro anche in estate per Torano Notte e Giorno, dove porteranno in scena un nuovo progetto.