Speleologi in difesa delle Apuane: "No alla strada dai monti al mare"

La Federazione toscana attacca il presidente della Regione Giani: "Non conosce la fragilità del territorio"

La Marmettola

La Marmettola

Massa Carrara, 5 marzo 2024 – “L’attività estrattiva, che il Presidente Giani vorrebbe tanto liberare dai vincoli delle leggi che tutelano l’ambiente, è senz’altro una delle più impattanti". Durissima presa di posizione del Comitato della Federazione Speleologica Toscana che critica le recenti affermazioni del presidente della Regione a sostegno del lapideo e a favore della realizzazione di una nuova viabilità per collegare la montagna al mare.

"Dispiace sentir pronunciare certe parole ed esprimere certi concetti da chi dovrebbe rappresentare tutti i cittadini toscani. E dispiace ancora di più percepire una mancanza di conoscenza del territorio in chi ha il potere di decidere e condizionare la vita di tutti i cittadini toscani, giungendo anche a ventilare l’ipotesi di realizzazione di una strada che colleghi la montagna al mare, con conseguente attraversamento di acquiferi carsici, compromissione di falde, intercettazione di ambienti ipogei – incalza la Federazione Speleo –. Gli speleologi da sempre cercano di spiegare alla collettività quanto siano vulnerabili gli acquiferi carsici, che in modo esemplare sono rappresentati dalle Alpi Apuane, che sono un patrimonio geomorfologico pressoché unico. E di recente lo hanno fatto durante il convegno a Carrara “Le Montagne non ricrescono”, al quale i presidenti della Regione e del Parco delle Alpi Apuane Tagliasacchi non hanno partecipato".

Gli speleogi ricordano le fragilità di queste montagne. "Gran parte degli acquiferi carsici e quelli apuani in particolare – sottolineano – sono costituiti da un network di fratture che, assieme ad un carsismo diffuso, conferiscono all’ammasso roccioso un coefficiente di infiltrazione che può raggiungere il 75% delle precipitazioni. Le acque di infiltrazione vanno ad alimentare i torrenti interni alle cavità, che scorrono fino alla zona satura dell’acquifero o al contatto con la roccia impermeabile, portando con sé tutto ciò che hanno preso in carico durante il percorso. Questa caratteristica rende le fessure superficiali prima e le grotte poi delle vie di trasporto per ogni tipo di materiale antropico o naturale, che sia preso in carico dalle acque che penetrano nel sottosuolo".

Per questo, ricordano, un’attività come quella estrattiva diventa molto impattante: "I residui dei tagli di cava sono costituiti in buona parte da marmettola, che si infiltra facilmente con le acque meteoriche e di ruscellamento nel sottosuolo e che è quindi in grado di disperdersi negli acquiferi sottostanti. Ma non solo. L’acqua che viene utilizzata durante l’escavazione e si disperde sul piano di cava, anche se regimata a dovere, viene in parte assorbita dalla roccia fessurata e finisce nel sottosuolo portando con sé tutte le polveri prodotte dai tagli. È plausibile aspettarsi che nel tempo la marmettola riduca potenzialmente la porosità degli ammassi rocciosi e occluda parte dei condotti carsici, cambiando l’idrodinamica degli acquiferi e modificando e riducendo la loro capacità di immagazzinare acque. L’occlusione dei condotti può quindi incrementare il rischio idraulico a valle delle sorgenti, a causa di repentine rimozioni del sedimento, che concorrono ad incrementare in modo improvviso le portate dei torrenti. La conoscenza di questo fenomeno e dei rischi conseguenti – concludono - dovrebbe indurre i nostri amministratori e gli imprenditori del settore lapideo a porre e porsi dei limiti, non ad eliminarli, compromettendo per sempre geositi di un valore naturale incommensurabile. Le risorse naturali che abbiamo a disposizione sono di tutti e devono durare a lungo".