
Gli adolescenti spesso vivono. veri e propri drammi esistenziali, tipici dell’eta di passaggio verso la maturità. Il grido di allarme della giovane studentessa mette in guardia sui problemi dell’età
Li vediamo che passeggiano in gruppo. Ragazzi che apparentemente sembrano spensierati, nascosti in giubbotti mai abbastanza grandi per coprire disagi e problemi. Ragazzine con capelli mai abbastanza lunghi da nascondere complessi e difficoltà. Pensieri che a stento vengono fuori, soffocati da quella tensione all’appartenenza tipica dell’adolescenza. Tuttavia c’è chi ha trovato tempo e modo di raccontarsi, gridare agli adulti quello che spesso molti di loro dimenticano: le difficoltà dell’adolescenza. E’ il caso di una studentessa della terza B del liceo linguistico Montessori, la cui insegnante, Irene Ferrari ci ha trasmesso questa ha riflessione.
"Cammino lentamente attorno a quella piazza, persa nei miei pensieri. Ogni passo sembra legato a un ricordo al quale rimango aggrappata. Penso alla me di sette anni, una bambina piena di sogni, con un cuore grande, la cui massima aspirazione era ritrovarsi proprio lì, in quella piazza, con gli amichetti dopo la scuola. Giocavamo ai giochi classici: nascondino, guardie e ladri, un due tre stella, campana. Ridevamo fino a star male, ci divertivamo in ogni modo, ci arrampicavamo sull’“albero proibito”, sapendo che i nostri genitori si sarebbero arrabbiati. Ma si sa: più qualcosa è vietato, più i bambini si divertono. Giocavamo a farci i gavettoni, e ho ancora il ricordo nitido di una volta in cui ero zuppa e infreddolita. Il mio amichetto del cuore mi aveva accolto a casa sua e sua madre mi aveva dato vestiti asciutti. Ogni volta che ci ripenso, sento qualcosa di caldo sciogliersi nel cuore. Perché adesso è tutto cambiato. Non siamo più quei bambini spensierati. Ora, con molti di loro, nemmeno ci scambiamo un saluto. Forse un giorno ci ritroveremo attorno a un tavolo, a raccontarci aneddoti buffi della nostra infanzia, sorseggiando uno spritz. Almeno, nei miei pensieri è così. Ma adesso siamo nell’adolescenza: un terremoto silenzioso che scombussola dentro. È quella fase in cui mettiamo in discussione tutto, persino noi stessi. Ciò che fino a ieri sembrava sicuro, oggi traballa. Quello che davamo per scontato inizia a sgretolarsi ai nostri occhi, e questo fa tanta paura. Iniziamo a sviluppare un nostro pensiero, a porci domande. Cominciamo a capire come gira il mondo, che non tutti sono pronti ad accoglierci o a volerci bene come faceva la mamma. Iniziamo a capire che dobbiamo tirar fuori gli artigli per farci valere, che non sempre ci sarà qualcuno a difenderci. Iniziamo a capire che dobbiamo prenderci le nostre responsabilità quando sbagliamo. E anche questo spaventa. C’è chi si perde per un periodo, chi si spegne e poi ritrova la sua strada. Ma è normale: è il tempo in cui impariamo a conoscere noi stessi, in cui ogni giorno aggiungiamo un tassello alla persona che saremo. E sì, si cade. Non è facile. Non bisogna ascoltare chi dice che lo sia, perché non è facile diventare adulti, accettare di crescere, prendere decisioni che influenzeranno il nostro futuro. Noi ragazzi siamo un vortice di emozioni e sensazioni. Siamo pieni di paure, di ansie. Cadiamo. Ma l’importante è rialzarsi, perché una luce esiste per tutti. C’è qualcosa per cui siamo stati creati. La famosa “eudaimonia” di Aristotele: quello stato di realizzazione personale in cui si fa ciò per cui si è nati. Oggi forse la chiameremmo “felicità”? Ognuno di noi deve sperimentare, sbagliare per raggiungere il suo scopo. L’adolescenza ci fa vivere le emozioni triplicate: ci fa piangere per giorni senza voler uscire di casa; ci fa provare una gioia smisurata per qualcosa che può sembrare una banalità. L’importante è continuare a cercare, e ricordarci che siamo molto più forti di quanto crediamo. Che una luce esiste per ciascuno di noi. Che non dobbiamo arrenderci mai. E, soprattutto, che non siamo soli.