Quel fascino perduto dei lavatoi

In passato hanno avuto anche una forte funzione sociale di aggregazione. E c’erano le "lavatrici umane"

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I lavatoi e il loro fascino perduto. I lavatoi hanno sempre avuto una forte funzione sociale, di aggregazione di donne e ragazzini. Ed era anche occupazione per le famose "lavatrici umane", le donne che andavano a lavare i panni a pagamento. Tante storie si allacciano a queste esperienze legate ai lavatoi, storie di vita e di quotidianità.

Il primo lavatoio della città era quello di Santa Lucia, alimentato dalla gora proveniente dalla Levata del Governo (sul Frigido) per mezzo delle condotte idrauliche volute dagli Estensi prima metà dell’Ottocento per irrigare la pianura massese. In piazza Settimina, al Portone (oppure piazza della gora) il canale si divideva in due parti: uno andava alla stazione, vicino al carcere (ancora oggi conosciuto come gorine) e serviva la pianura a sinistra del Frigido. L’altra parte, sotto alla caserma dei carabinieri, svoltava a destra (così come oggi) passando sopra al ponticello del Boschetto per andare a servire la parte destra del Frigido. La gora del Portone faceva girare le pale della ruota che alimentava la sottostante segheria di Damiano Berti.

Dunque, ognuno è testimone del proprio tempo. Il dottor Paolo Milani ci riporta in poesia un suo ricordo della gora del Portone con il lavatoio e il ruotone, gora che poi era il canale demaniale che serviva segherie e dava l’acqua a tutta la pianura. Negli anni ’60 il tratto di canale al Portone fu sciaguratamente tombato, il lavatoio e la ruota della segheria eliminata come il baluardo delle mura ( via delle mura Nord ). Al loro posto palazzi e palazzi. Questa la poesia di Paolo Milani intitolata "La gora del Portone".

Da ragazzino, passando per la gora, fra le ceste dei panni da lavare, spesso guardavo, lo ricordo ancora, lo scorrere dell’acqua nel suo andare contro la ruota. Frusciando correva veloce e fredda verso la cascata, poi con grande fragore discendeva di spuma e spruzzi in una colata dentro il pozzo profondo, tenebroso. Il ponticello che tra le sponde andava sognavo di varcare, un po’ pauroso, come un eroe che il destino sfidava, sull’orlo del cammino misterioso dell’acqua che nel Frigido tornava.