ALESSANDRA POGGI
Cronaca

Più denunce, aiuti carenti. Servono case e lavoro per sostenere le vittime. Sos dei centri antiviolenza

Oltre 220 accessi l’anno tra Massa e Carrara per sfuggire ai maltrattamenti "Per la prevenzione manca un piano sistematico di intervento nelle scuole" .

Più denunce, aiuti carenti. Servono case e lavoro per sostenere le vittime. Sos dei centri antiviolenza
Più denunce, aiuti carenti. Servono case e lavoro per sostenere le vittime. Sos dei centri antiviolenza

Cresce la consapevolezza della violenza e aumentano le denunce. Sono in forte crescita anche nella provincia apuana i numeri delle donne maltrattate da mariti e compagni. Il centro antiviolenza ‘Donna chiama donna’ di Carrara registra 100 accessi all’anno, il centro Duna di Massa dal primo gennaio è già arrivato a 120. La maggior parte delle vittime sono donne italiane, il 70% su Carrara e 91 su 120 a Massa, il 30 per cento a Carrara sono straniere e 29 hanno chiesto aiuto a Massa. Una maggioranza di italiane dovuto soprattutto alle barriere linguistiche. Oltre ai nuovi accessi i centri antiviolenza di Massa Carrara si occupano anche delle donne in carico dagli anni precedenti: percorsi di sostegno per le vittime di violenza fisica ma anche economica e psicologica, e poi le case rifugio, abitazioni lontane chilometri dal luogo dove vive il marito o il compagno violento e dove potersi ricostruire una vita.

Ma, come spiegano Francesca Menconi del centro ‘Donna chiama donna’ e Francesca Rivieri di Duna, "il principale problema delle donne vittime di violenza è quello di trovare una casa e un lavoro". "È molto difficile riuscire a risolvere il problema dell’indipendenza – dice Menconi –, trovare un alloggio e un lavoro, spesso molte di queste donne sono costrette a vivere nella violenza e i loro figli ad essere vittime di violenza assistita. Ci sono supporti del Comune e dalla Regione attraverso i centri per l’impiego, ma è ancora difficile sistemarle tutte e sul piano dell’emergenza abitativa c’è poca disponibilità".

"La violenza economica è un grave problema – aggiunge Rivieri –. Casa e lavoro sono un problema nodale in tutta Italia e lo sono ancora di più in un territorio povero di lavoro come il nostro. Spesso queste donne non riescono a trovare una casa perché non hanno un lavoro stabile, ma impieghi part time o fanno piccoli lavoretti". Mancano dunque gli strumenti necessari ad affiancare il lavoro dei centri antiviolenza e rendere libere le donne maltrattate.

La sede del centro antiviolenza di Carrara è dietro all’ex tribunale di San Martino, quella di Massa è segreta perché gestita da un’associazione indipendente, non alle dirette dipendenze del Comune. ‘Duna’ fa parte del coordinamento regionale centri antiviolenza Toscana, della rete nazione Dire e del team codice rosa della prefettura. "A livello di prevenzione manca un piano sistematico di intervento nelle scuole di ogni ordine e grado della Provincia – aggiunge Rivieri –. Andiamo nelle scuole e i ragazzi ci accolgono con favore, ma sta alla sensibilità dei docenti fare questo genere di attività perché ci devono ospitare nelle loro ore. Come diciamo sempre quando entriamo in campo noi ormai è tardi".

Le denunce continuano ad aumentare. "Le donne sono sempre più consapevoli nel fare questo passo – dice Francesca Menconi – . Quest’anno per esempio sono aumentati gli allontanamenti di donne sole con minori, e ne abbiamo messe cinque con otto minori in casa rifugio. Tendiamo ad allontanarle dall’autore di maltrattamento. Abbiamo avuto una risposta altissima dalle scuole. Gli incontri erano dedicati solo agli studenti di quarta e quinta, ma abbiamo avuto richieste anche per il biennio e la terza media". A Carrara il centro antiviolenza dispone di una camera e un bagno per disabili per ospitare donne in fase di emergenza, nella vicina Massa invece esiste la casa di semi autonomia. "Alla fine di un percorso l’alloggio viene dato gratuitamente alle donne e ai loro figli – conclude Francesca Rivieri –. E’ riservato alle donne che sono pronte a vivere in autonomia ma hanno ancora piccole difficoltà economiche, o magari hanno bisogno di mettere da parte i soldi per prendere una casa in affitto. Dopo la prima denuncia le donne vengono ospitate per 72 ore in una casa rifugio, questo per dare loro la possibilità di capire se vogliono procedere con il percorso di protezione oppure no".