Nei racconti di Settimia l’orrore della Shoah

Sarà ricordata domani a San Martino la figura di Spizzichino, l’unica donna reduce da Auschwitz, dopo il rastrellamento romano del 1943

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Carrara, 25 gennaio 2020 - La shoah raccontata nel marmo. I volti del dolore e della memoria bloccati nella pietra. Un parco alle pendici del Sagro che parla di una brutta pagina della nostra storia. Domani alle 10,30 nello studio di scultura «Marmore» sarà ricordata Settimia Spizzichino, l’unica donna tornata da Auschwitz dalla deportazione di Roma del 16 ottobre del 1943. Settimia fino alla morte fu la voce di chi non tornò, delle tante donne, dei tanti bambini, di chi non riuscì a farcela, e per tutta la vita ha raccontanto e illustrato gli orrori dei lager, per non dimenticare. E per non dimenticare nel 2008, Carrara le dedicò un cippo di marmo, una pietra della memoria, posta all’ingresso del parco a Campocecina che porta il suo nome e che conserva le sculture del Simposio Internazionale sulla Shoah del 2001. E per non dimenticare Maria Mattei, presidente di Open centre, ha deciso di dedicarle la Giornata della memoria con una suggestiva cerimonia domani a San Martino.

Nel laboratorio di marmo sarà proiettato un documentario che raccoglie la testimonianza di Settimia e le immagini del parco di Campocecina, quel Simposio del 2001, voluto da un’altra donna, Marilina Ulivi, che alla memoria dedicò anni di vita e di insegnamento, un simposio che candidò Carrara a capitale dell’impegno civile e vide, per questo, 19 giovani artisti provenienti da tutto il mondo esprimere nella pietra il dovere di ricordare. Adesso partecipano alla manifestazione il polo artistico «Artemisia Gentileschi» e la commissione Pari Opportunità del Comune. L’intento è riprendere il filo interrotto anni fa. Quando viene catturata con tutta la sua famiglia Settimia è una giovane donna di 22 anni, allegra e ribelle: viene mandata a rimuovere pietre, poi destinata al laboratorio di Josef Mengele, il luogo in cui qualsiasi esperimento sugli esseri umani è permesso. Settimia sopravvive “per tigna”, un’espressione romanesca che significa: per ostinazione e testardaggine. Come amava ripetere: “della vita voglio ricordare tutto, anche Auschwitz… per questo sono tornata da Auschwitz, per raccontare”.

Sopravvive alla marcia della morte del 1945 e poi ad una fucilazione di massa, nascondendosi sotto una montagna di cadaveri. Dell’ inferno Auschwitz Settimia vuole ricordare tutto: i piccoli gesti di solidarietà tra donne e tutte le altre: le greche destinate agli esperimenti, le kapò con cui si faceva a botte per un tozzo di pane, o per il letto. Il suo è un racconto, duro, senza compromessi. Settimia non dimentica nulla dell’orrore nazista e racconta dei carnefici e delle vittime