Cos’è la vera inclusività a scuola? A Villafranca, dopo le polemiche sulla mancata realizzazione di un murales, davanti al complesso Baracchini, c’è un’altra persona che vuole intervenire, per raccontare nel dettaglio il progetto per la partecipazione al concorso ‘Un sogno in grande’ di Fondazione Bper. E lo fa con una lettera aperta, in cui spiega la tematica.
"L’inclusione scolastica - scrive l’insegnante Elisa Pratici, che ha curato insieme al team preposto il progetto - è un processo che mira a garantire a tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro caratteristiche, capacità e bisogni, un’esperienza scolastica positiva e di successo. E’ la scuola che si adatta alle esigenze degli studenti, creando un ambiente educativo che promuova la partecipazione attiva di tutti e valorizzi la diversità. La nostra sfida era di riuscire a coinvolgere ogni singolo bambino o bambina, dalla scuola dell’infanzia, fino alle ragazze e ragazzi della scuola secondaria di primo grado, senza l’esclusione di nessuno. I miei colleghi e io ci siamo interrogati molto sul come far partecipare nella stessa opera, sia il bambino che a malapena tiene un pennarello in modo corretto, sia il ‘novello Raffaello’ delle classi più mature. Poi la soluzione ci è arrivata da chi ha visto, prima e meglio di noi, tale problema. Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, ha avuto il piacere di visitare Barbiana. Ebbene, in questa piccola località sperduta nella provincia di Firenze, un umile prete, mandato lì come sorta di esilio, creò una delle scuole (a mio avviso) più innovative del mondo scegliendo la cooperazione piuttosto che la competizione, adottando come motto il prendersi cura invece della singola bravura dell’individuo. Fermamente convinto che tutti fossero responsabili del successo dell’altro, nelle sue aule, ogni singolo giorno radunava i suoi alunni, per progettare insieme, senza escludere nessuno, nemmeno il sordo o il muto. Nell’ambito dell’arte voglio citare Keith Haring, che, con i suoi personaggi semplici ma di una forza assoluta, ha ricoperto moltissime pareti nel mondo e la città di Pisa ne è testimone. Ecco, quindi, la nostra scelta non casuale e, concedetemi, non banale, di realizzare un manichino (uno stickman) con il quale ciascuna classe avrebbe potuto interagire, immaginare e infine creare il proprio pezzo di murales in armonia, l’uno con l’altro".
"Sì, perché – conclude l’insegnante – i veri protagonisti dell’opera sarebbero stati i bambini e ragazzi stessi, ad emergere, non sarebbe stata un’eccellenza artistica singolare, ma la pluralità, nessuno escluso. Bambini e bambine che in quello ‘scarabocchio’ si sarebbero potuti rivedere e rivivere una volta adulti, poiché anche la memoria emotiva è importante. Termino questo mio pensiero con una frase che spesso soleva dire il professore e formatore Compagnoni: ‘L’importante non è il prodotto ma il processo che lo ha reso tale’".