Morì a trent’anni sui binari. In sette rischiano il processo

Il ristoratore Claudio Vita scivolò da un treno in corsa nel 2021. Tre chiedono il rito abbreviato

Morì a trent’anni sui binari. In sette rischiano il processo

Morì a trent’anni sui binari. In sette rischiano il processo

Svolta nel procedimento che vide la morte di Claudio Vita, ristoratore di Montignoso, che la notte fra il 18 e il 19 aprile del 2021 perse la vita scivolando da un treno in corsa. Il padre Lamberto, sicuro di non aver commesso le accuse mosse a suo carico, sceglie di andare avanti e attendere se il giudice lo rinvierà a giudizio. Davanti al gup Dario Berrino in tribunale a Massa, i 7 accusati di sequestro di persona e minacce aggravate dal concorso hanno svelato la loro strategia difensiva. Presenti all’udienza anche le parti civili, Enrico Orlandi e Michael Pellegrino (quest’ultimo difeso dal legale Leonardo Pugi), entrambi di Prato, prima accusati di omicidio, poi completamente scagionati e divenuti presunte vittime nel procedimento. Il legale Dino Del Giudice, che difende Alessio Bertoneri, ha chiesto il rito abbreviato e versato 5 mila euro a favore di Orlandi, difeso dalla legale Giuseppina De Luca, per l’estinzione del reato per condotta riparatoria. Richiesta di abbreviato anche per Daniele Cavallaro, difeso dal legale David Cappetta e Cristiano Bascherini, difeso da Elisabetta Caldani. Hanno deciso invece di attendere se verranno o meno rinviati a giudizio il padre di Vita, Lamberto difeso da Adele Boris, così come Alessio Valentini, difeso da Enzo Frediani, Irene Mignani (Cappetta) e Arianna Rovai difesa da Paola Baroncelli di Firenze. Il giudice ha rinviato la decisione al 4 aprile per discussione del rito e udienza preliminare.

Secondo l’ipotesi accusatoria della pm Giulia Giancola, i pratesi, pranzarono nel ristorante di Vita al Cinquale. A un certo punto il ristoratore, insieme ad alcuni dipendenti del locale, accusarono i due di aver rubato un borsello con dentro diecimila euro. Nacque un diverbio piuttosto animato. Uno riuscì a scappare mentre all’altro vennero tolte le chiavi della macchina per impedirgli di fuggire e lo minacciarono. Il pratese scappato riuscì a raggiungere la stazione di Massa in maniera rocambolesca. Ma Vita lo rintracciò e lo intercettò sui binari. Il pratese, spaventato, si aggrappò a un treno in corsa. Vita fece lo stesso, ma pochi chilometri dopo la stazione perse l’equilibrio e cadde sui binari sbattendo la testa fatalmente. Nel frattempo il padre di Vita aveva costretto l’altro pratese rimasto prigioniero nel locale a salire in auto e a raggiungere la stazione di Pisa San Rossore (quella dove il treno merci si sarebbe dovuto fermare dopo Massa). L’auto, però, venne fermata dai carabinieri e il ragazzo, impaurito, chiese aiuto. La mattina successiva i militari bussarono alla porta di casa del ragazzo scappato per la perquisizione: i soldi non furono trovati. In realtà, il borsello con il denaro venne rinvenuto nel locale di Vita, in uno sgabuzzino dietro a un sacco di zucchero, qualche giorno dopo la tragedia.