REDAZIONE MASSA CARRARA

L’influenza di Pezzica su Tanavoli. Il Maestro nella biografia dell’iraniano

Gli allievi dello scultore mediorientale stanno scrivendo un libro con i ricordi del professore

Nel 1957, quando il giovane Parviz Tanavoli, promettente artista iraniano, giungeva a Carrara inviato personalmente dallo Scià di Persia Reza Pahlavi per studiare all’Accademia di Belle Arti, probabilmente non immaginava che avrebbe incontrato uno dei maestri più significativi del suo percorso, Giuseppe Pezzica. Carrara era allora un crocevia di grandi scambi artistici e culturali, e il professor Pezzica, già noto per la sua sensibilità, la versatilità stilistica, la curatela museale e l’attenzione pedagogica, si distinse subito agli occhi dello studente persiano. Tanavoli – che nel tempo sarebbe diventato uno dei più celebri artisti internazionali del Medio Oriente – trovò in Pezzica non solo un mentore artistico, ma anche un riferimento umano, un sostegno quotidiano, una guida silenziosa e presente. La stima fu tale che, alla fine del suo biennio italiano, Tanavoli insistette per portare con sé Pezzica a dirigere l’Accademia di Belle Arti Nazionale Iraniana. Un’offerta prestigiosa che il carrarese, con la riservatezza e il senso di misura che lo hanno sempre contraddistinto, rifiutò. Una rinuncia che parla di un uomo legato profondamente alla sua città, ai suoi valori, alla sua visione dell’arte come strumento di crescita interiore e non come palcoscenico di gloria. Continuò dunque l’insegnamento al liceo artistico e all’Accademia, ricoprendo poi un ruolo chiave nelle prime sette edizioni della Biennale di Scultura e nell’allestimento avanguardistico del Museo del Marmo insieme all’allievo architetto Carlo Lenzi.

Oggi, a distanza di quasi settant’anni, due studenti di Tanavoli stanno lavorando a una monografia sul loro maestro. E proprio tra le pagine di questo studio, Giuseppe Pezzica ritorna con forza. Viene riconosciuto come figura chiave della formazione del giovane Tanavoli, citato con ammirazione, rispetto e gratitudine. In una lettera che l’artista indirizzò alla famiglia a Teheran si legge che Pezzica apprezzava il suo lavoro e lo sosteneva, anche permettendogli di non pagare i materiali. Un maestro attento alla formazione dei suoi studenti, nel segno di un’arte sincera e senza compromessi. Virtù che lo hanno contraddistinto, non avendo mai voluto far conoscere la sua arte agli amici Argan, Valsecchi o altri critici, e lavorando solo per sé, senza mai rispondere alle richieste di galleristi impazienti.

Lo conferma anche il figlio Gianpaolo: "Pezzica è più conosciuto all’estero che qui, ma forse anche per scelta sua. Ha sempre dichiarato che sarà il tempo a definire il valore di un artista e la mostra antologica dello scorso anno ha evidenziato che il suo valore poliedrico ha dato lustro alla città. Sono certo che dopo quella mostra il professor Pezzica non verrà mai dimenticato". Una connessione emotiva e simbolica che oggi riemerge tra le righe di una monografia internazionale, tra un Iran in fermento e una Carrara che custodisce, talvolta inconsapevolmente, la memoria di una grande persona. Forse è davvero il tempo, come diceva Pezzica, a decretare il valore di un artista. Ma è il presente a restituirci la profondità di un Maestro che ha saputo formare, ispirare e lasciare un segno profondo.