Il rebus marmettola. C’è il danno ambientale. Ma non si può applicare senza un responsabile

Lo afferma l’Ispra nel dossier inviato in risposta al Ministero dell’ambiente "Manca il nesso di causa-effetto fra l’inquinamento e la singola cava. Colpa anche dell’assenza di stazioni di monitoraggio o controlli ad hoc".

Il rebus marmettola. C’è il danno ambientale. Ma non si può applicare senza un responsabile

Il rebus marmettola. C’è il danno ambientale. Ma non si può applicare senza un responsabile

La minaccia di danno ambientale per l’inquinamento da marmettola c’è ma non si può applicare perché non è possibile individuare l’esatto responsabile, "un nesso di causa-effetto fra l’inquinamento da marmettola del corpo idrico superficiale e la singola attività di cava, a causa, tra l’altro, dell’assenza di stazioni di monitoraggio o di monitoraggi effettuati ad hoc". Parole messe nero su bianco da Ispra, Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sezione ‘Centro nazionale per le crisi, emergenze ambientali e danno’, inviate al Ministero dell’ambiente, IX Divisione Danno Ambientale e da questo trasmesse a firma del dirigente Eugenio De Francesco, al Comune di Carrara, alla Regione Toscana e alla Provincia per gli sversamenti di polvere di marmo nel Carrione ma che valgono per tutto il distretto lapideo apuano.

Non una semplice lettera ma una risposta tecnica e amministrativa alla sezione Tutela ambiente montano del Cai che ad aprile aveva inviato una denuncia con dossier fotografico al Ministero dell’ambiente per segnalare l’inquinamento del Carrione provocato dagli sversamenti di polvere di marmo "imputabile all’escavazione di marmo che avviene nel bacino marmifero di Carrara e che raggiunge facilmente le sorgenti per la costituzione carsica delle Alpi Apuane. Quello che vedete nella foto avviene ogni volta che ci sono piogge copiose che riempiono i canali". Dossier che ha colpito il Ministero dell’ambiente non tanto per quanto mostrato ma perché si tratta dell’ennesimo sul caso Apuane dove negli anni sembra non risolversi nulla.

Così dal Mase è partita una richiesta a Ispra per valutare, avvalendosi del sistema agenzia Snpa, Sistema nazionale protezione ambiente che è poi la rete delle Arpa nazionali, "se i fatti fossero suscettibili di integrare fattispecie di danno o minaccia di danno ambientale ed eventualmente indicare le misure di riparazione ritenute necessarie". Il danno ambientale è evidente ma il punto è che non si può applicare la normativa che richiede un ‘colpevole’ ben determinato. E questo, anche a causa del carsismo delle Apuane e dell’assenza di controlli e monitoraggi puntuali ad hoc, cava per cava, è impossibile.

Un po’ come la storia dei veleni che inquinano ancora oggi la zona industriale e delle bonifiche mai fatte a oltre 30 anni di distanza e il contenzioso con Edison per la vicenda ex Farmoplant insegna: è servito il Tar, oltre 30 anni dopo, a definire la società ‘co-responsabile’ dell’inquinamento ma ancora è pendente il ricorso al Consiglio di Stato, per un nulla di fatto. In passato Ispra tramite il Ministero è già stata chiamata a verificare il danno ambientale sulle Alpi Apuane, per 4 siti estrattivi, per criticità derivanti da ravaneti e dispersione della marmettola. In un caso gli enti, ricorda Ispra, avevano anche accertato violazioni dal concessionario nella gestione dei rifiuti ma non è stato comunque "possibile determinare un nesso di causa-effetto fra l’inquinamento da marmettola del corpo idrico superficiale e la singola attività di cava, a causa, tra l’altro, dell’assenza di stazioni di monitoraggio o di monitoraggi effettuati ad hoc" rendendo impossibile "integrare fattispecie di danno ambientale o minaccia di danno ambientale poiché non è possibile individuare il responsabile, nonché l’eventuale evento, atto o omissione che ha causato l’inquinamento sul torrente Carrione".