"Caro Draghi ti scrivo!" Sos dai balneari La Bolkestein mette a rischio 200 famiglie

La lettera al presidente del Consiglio dei titolari del Bagno Rodrigo di Poveromo denuncia i pericoli delle aste per i piccoli imprenditori

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E’ passata la fiducia del Senato al governo di Mario Draghi sul ddl concorrenza e quindi anche la messa all’asta delle concessioni demaniali italiane. L’Europa ha vinto, la Bolkestein diventerà presto realtà e le concessioni andranno a gara entro dicembre 2023, salvo che su richiesta dei comuni si prolunghi di un anno. Sul litorale apuano saranno circa duecento le famiglie che rischiano di perdere la propria attività, sulla quale hanno investito il futuro perché una legge dello Stato italiano lo permetteva. Molte hanno fatto mutui, sacrifici, per diventare imprenditori balneari. E’ il caso della famiglia del bagno Oliviero, a Poveromo. "Abbiamo acquisito la concessione dal precedente titolare nel 2000 – scrivono al presidente del consiglio Mario Draghi Giuditta Sborgi e Matteo Campatelli, genitori di tre figli –, subentrando nello stabilimento dopo aver pagato 2 miliardi delle vecchie lire".

Una cifra importante, frutto non solo di un mutuo in banca, ma in parte derivata anche dalla vendita di alcune proprietà. "Mio marito aveva appena venduto la casa di famiglia e io la gestione di una piccola pensioncina a Marina di Pietrasanta – raccontano – abbiamo deciso di investire quello che avevamo in uno stabilimento balneare in cui lavorare con passione e poter mettere su famiglia garantendo comunque un futuro ai nostri figli". All’epoca infatti lo Stato italiano permetteva ancora il rinnovo automatico delle concessioni e la Bolkestein non esisteva, motivo per il quale le banche concedevano finanziamenti per l’acquisto delle attività balneari.

"Abbiamo fatto un mutuo ventennale e da allora – raccontano i coniugi – io ho sempre lavorato nella cucina del punto ristoro, e mio marito sulla spiaggia e nel punto ristoro. Nessuno di noi due ha altro reddito da lavoro e riusciamo a tirare avanti la famiglia (nostro figlio maggiore studia e lavora con noi e gli altri due stanno ancora studiando). Non viviamo nel lusso, non abbiamo seconde case, non viaggiamo, ma viviamo dignitosamente e riusciamo a coprire le spese di una famiglia comunque numerosa. I nostri ospiti sono per lo più concittadini che vengono da noi da più di 20 anni. Amiamo il nostro territorio e siamo sensibili all’ambiente, abbiamo anche avuto un riconoscimento da Legambiente. I nostri fornitori per lo più sono aziende della zona per favorire l’economia del territorio e abbiamo 5 dipendenti che ci aiutano in tutta la stagione, ragazzi che hanno lavorato con noi per diverse estati".

Non tutte le belle storie però hanno un lieto fine e la Bolkestein è il lupo nero di queste piccole imprese. "Comprendo che le spiagge siano un bene demaniale e non proprietà privata – spiega Giuditta Sborgi – quando io e mio marito abbiamo fatto una scelta di vita, lo Stato ci ha promesso altro: di poter lavorare e vivere nello stesso luogo fino a quando ne avessimo avuto le forze e investire del denaro che poi avremmo potuto restituire ai nostri figli. Capiamo la necessità delle gare, ma abbiamo paura perché anche se venissero riconosciuti dei “vantaggi” al concessionario attuale, sappiamo bene che la gestione delle gare può rischiare di uscire dal normale controllo della situazione. E se succedesse poi di dover perdere la gara, io, mio marito e i miei figli perderemmo tutto quello che abbiamo".

Rivolgendosi a Draghi l’imprenditrice chiude la lettera: "Esistono molte situazioni famigliari tipo la nostra che nulla hanno a che vedere con i grandi stabilimenti che guadagnano cifre ben diverse dalle nostre e che vengono gestite da persone che non hanno altro interesse nel loro lavoro se non quello economico e che soprattutto non avrebbero molto da perdere anche se non fossero riconfermati nella titolarità della concessione. Spero davvero che nell’attuare la legge sulla concorrenza terrà presente queste piccole realtà".

Laura Sacchetti