Caccia al cloroformio nella falda Al lavoro il Dipartimento della terra

L’ipotesi è che si produca naturalmente e non sia responsabile l’ex cava Fornace

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L’inquinamento da cloroformio (o triclorometano) nella falda a monte e a valle della discarica ex Cava Fornace potrebbe essere di origine naturale: un’ipotesi già nell’aria ma che trova una prima formulazione nero su bianco nell’accordo sottoscritto fra Arpat e Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze per l’attività congiunta di ricerca e sviluppo nel campo della tutela dell’ambiente, con particolare attenzione allo sviluppo di tecniche per la caratterizzazione geochimica isotopica di matrici ambientali.

Un progetto per il quale l’Agenzia regionale verserà all’Università di Firenze 46.400 euro per monitorare i corpi idrici sotterranei e caratterizzare i fondi naturali e le contaminazioni, con il controllo dei pozzi in pianti di discarica. Due casi di studio sui quali la stessa agenzia è stata chiamata a rispondere, la discarica ex Cava Fornace a Montignoso e la ex cava di Quarzite di Poggio Speranzona nel Comune di Montioni dove vengono riutilizzati i gessi rossi.

Sul fronte di Montignoso l’accordo sottoscritto da Arpat fa riferimento alla contaminazione da cloroformio rilevata in alcuni pozzi di monitoraggio della discarica, a monte e a valle nel perimetro dell’impianto ma anche all’esterno dello stesso, e specifica che è possibile una "loro possibile imputazione a un fondo in cloroformio di origine naturale per il corpo idrico sotterraneo". Insomma l’ipotesi scagionerebbe da ogni accusa l’impianto ex Cava Fornace. La caratterizzazione isotopica potrà determinare con chiarezza l’origine dell’inquinamento della falda, come richiesto dalla Regione, per individuare gli eventuali responsabili, e il report finale è previsto per luglio.