
Paolo Crepet
Lucca, 29 settembre 2015 - Avere il coraggio di vivere le emozioni e accettarsi come si è, anche quando il tempo passa e lascia segni evidenti. Perché cercare di mettere i bastoni fra le ruote alla natura altro non è che una condanna all'infelicità. E proprio di “Felicità e egoismo” si parlerà domani con il noto psichiatra e scrittore Paolo Crepet al quale è affidata l'inaugurazione della seconda edizione delle “Conversazioni in San Francesco” nell'omonima chiesa a Lucca, dedicate quest'anno al “Sacro e profano”. Un'indagine a tutto tondo sulla sfera emotiva, nel tentativo di dare una risposta alle domande più spinose (ultimi biglietti acquistabili al teatro del Giglio domani, 10.30-13 e 16-19).
Professore, quanto incidono gli altri sul raggiungimento della felicità di ciascuno? La felicità è una conquista sociale che ha a fare con l'altro, con l'essere felici perché qualcuno è felice. Poi che questa ricerca sia individuale è altrettanto vero. Il percorso che porta al raggiungimento di questo stato deve essere fatto singolarmente, ma la felicità è tale se la si può condividere. Vero anche che si può trovare felicità dentro una solitudine, che non significa però egoismo. Prenda l'artista: un musicista che trova un accordo che cercava da tempo, un pittore che concretizza una sfumatura dopo mesi di tentativi. Quella è felicità nella solitudine. Ma è amplificata nel momento in cui a goderne è lo spettatore.
Si tende a pensare che la felicità siano attimi, mentre la condizione più duratura sia la serenità. È vero? Sì, lo è. E la felicità non è neppure un punto di partenza, ma una meta. Basti pensare che l'essere umano nasce piangendo. Ci sarà pure un motivo.
Quanto coraggio ci vuole per abbandonarsi alle emozioni? La vera rivoluzione è provare emozioni. Oggi che queste emozioni ce le stanno comprando, oggi che ci vengono restituite in tecnologicissime 'App'.
Giovani ed educazione: nell'epoca di Internet quanto è alto il rischio di emulazione e quello di non riuscire a sviluppare ognuno una propria personalità? Altissimo. I più grandi colossi mondiali fanno di tutto questo un business. Ci comprano. È necessario insegnare ai nostri ragazzi che la strada può essere diversa. Senza demonizzare la tecnologia, ma pensandola per quello che è: un semplice elettrodomestico.
Lei che rapporto ha con la tecnologia? Laico. La uso e la chiudo. Provo assai più piacere a fregarmene che ad averne dipendenza.
Tornando alle emozioni, che ruolo gioca la paura? La paura è un segno di intelligenza. Esistono strutture nel nostro cervello, come l'amigdala, che ci aiutano ad avere paura. Oggi invece viviamo una fase raccapricciante della nostra cultura, dove molti pensano di poter fare qualsiasi cosa.
E l'infelicità? Combattere l'età genera infelicità. Dipendere da un chirurgo plastico o dalla tintura per capelli genera infelicità. Chi lo fa non crede in se stesso.
Esiste una ricetta per la felicità nella vita di coppia? Immaginiamo di no... Se ci fosse, questo sì che sarebbe infelice. Di amori ne esistono tanti quanti sono i cittadini del mondo e per ognuno di loro ne esistono altri ancora secondo le diverse stagioni della vita. Ci sono 65enni che vorrebbero vivere l'amore dei 18enni, ma questo è malinconico, è una non accettazione della vita. Altrimenti sarebbe un continuum senza stagioni. Non credo che si voglia vivere un'eterna primavera. È bello anche l'autunno.
linda meoni