In pandemia boom di offerte di sangue e plasma

Ricciardi: "Chi percepisce rimborsi non ha la stessa apprezzabile attitudine dei nostri donatori storici"

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La prova regina è stata la pandemia. Nonostante difficoltà, timori e restrizioni questi ultimi tre anni hanno dato un’accelerata alle donazioni di sangue e plasma che ha permesso di contenere gli effetti della pandemia. E questo lo conferma anche la dottoressa Rosaria Bonini, nell’intervista nella pagine a fianco, direttore del centro medicina trasfusionale. Ancora una volta, quindi, il sistema italiano si conferma come un modello virtuoso nel consolidamento e nell’ampliamento delle motivazioni verso il dono, poiché genera un meccanismo volto all’autosufficienza che garantisce una “carriera di donatori” molto lunga.

"In questo scenario – ha sottolineato ieri in Senato il Presidente di Avis Gianpietro Briola – per migliorare il sistema di raccolta

italiano è necessario rimuovere i possibili ostacoli che potrebbero minare la volontà solidaristica dei donatori. A tutto ciò si aggiungono alcuni interventi strutturali che riteniamo essenziali e di primaria importanza come l’incremento del personale sanitario, l’ampliamento degli orari di apertura dei centri di raccolta, l’inserimento di queste strutture all’interno delle Case di Comunità e, in linea generale, la riorganizzazione della rete nazionale e regionale con standard di raccolta, lavorazione e validazione adeguati alle future necessità di plasmaderivati".

Ci sono anche nella nostra provincia donatori di lunghissimo corso. “Un attaccamento e un sentimento di fidelizzazione che – ha spiegato il professor Emiliano Ricciardi della Scuola IMT – non si riscontrano nei donatori che percepiscono rimborsi e che rimangono all’interno di questo sistema per meno di tre anni".