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"Il rapporto con il cibo e con il corpo è un sintomo che ci parla di altro"

La psicologa Valentina Aletti, presidente di Acca Lucca, illustra quelli che sono alcuni aspetti di determinati disturbi, nel tentativo di allontanare vecchi, ma ancora diffusi stereotipi culturali.

"Il rapporto con il cibo e con il corpo è un sintomo che ci parla di altro"

di Teresa Scarcella

LUCCA

Ad aiutarci a capire di cosa stiamo parlando quando parliamo di disturbi dei comportamenti alimentari è la psicologa Valentina Aletti, presidente di Acca Lucca.

Quali sono questi disturbi?

"Anoressia, bulimia, ma non solo. Esistono anche i cosiddetti Binge Eating Disorder (Bed), ovvero disturbi da alimentazione incontrollata, grandi abbuffate di cibo in poco tempo, con la sensazione di perdere il controllo su cosa si sta mangiando. Oppure la perdita e la ripresa di chili a effetto yo-yo di persone in sovrappeso, obese. In questo caso c’è la tendenza ancora a credere che sia mancanza di volontà o pigrizia, ma sono stereotipi culturali che non considerano la malattia. Il rapporto difficile con il cibo e con il proprio corpo è un sintomo, che spesso parla di altro. I motivi possono essere vari, non esiste una causa specifica. Ma se dovessi riassumere direi che nasce dall’esigenza di sopperire a un altro tipo di bisogno che è stato disatteso. Il cibo sostituisce qualcosa che non è presente o che lo è troppo. La terapia serve a capire cosa ci vuole dire".

Chi ne soffre?

"Molti sono giovani, l’età si sta abbassando. Però anche adulti. Sia che si portino dietro questi disturbi da anni, sia che abbiano avuto esordi più tardivi. La percentuale femminile è più alta, ma i casi negli uomini stanno aumentando".

Quanto sono diffusi?

"Quello che facciamo noi è un servizio di accoglienza pre ambulatorio, non tutti vengono trattati da noi, è un primo screening. Nel biennio 20-21 (quindi durante e dopo il Covid) i casi sono raddoppiati rispetto ai due anni precedenti".

Chi si rivolge a voi?

"Nella maggior parte dei casi a chiamarci sono le persone che ne soffrono, magari dopo un lungo periodo di riflessione. Ma anche familiari, amici, soprattutto se chi sta male rifiuta le cure".

In questo caso cosa si può fare?

"Come prima cosa, tramite un sostegno psicologico, ci occupiamo di aiutare la persona ad accettare la malattia, a interagire con essa, quindi a concedersi il tentativo di curarsi e guarire".

Un amico o un parente come dovrebbe approcciarsi?

"In generale è utile mettersi in una posizione di accoglienza, senza giudicare. Ti ascolto e cerco di capire quali sono i tuoi bisogni".