I legali delle parti civili amareggiati "Ce l’aspettavamo, i dubbi restano"

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"Le motivazioni della sentenza non ci hanno assolutamente colto di sorpresa, ma alcuni dubbi restano". Così, di primo acchito, sembrano parole che potrebbero far pensare ad un nuovo round giudiziario. In realtà il sapore è quello della resa e di una bandiera bianca che, giunta allo sfinimento, sventola dopo otto anni di battaglie. Gli avvocati Luca Nannizzi, Gabriele Dalle Luche, Andrea Giannecchini, Damiano Pucci e Letizia Bertolucci, legali delle parti civili nel processo per il caso tallio, commentano così le ragioni che hanno spinto il collegio giudicante del Tribunale di Lucca, presieduto da Gerardo Boragine, ad assolvere Francesco Di Martino (Gaia) e Ida Aragona (Asl) dall’accusa di avvelenamento colposo delle acque destinate al consumo umano e Aragona anche dall’omissione di atti d’ufficio. Sulla carta la questione potrebbe andare avanti, ma la sensazione, anche se i legali non lo dicono apertamente, è che non ci sarà alcun ricorso.

Il caso tallio, scoppiato ai primi dell’ottobre 2014 a Valdicastello e propagato alla zona del Pollino e nel lembo sud di Pietrasanta, finisce qua, insomma. "Per quanto riguarda l’omissione di atti d’ufficio – spiegano gli avvocati – è stato accertato che spettava comunque all’Asl effettuare i controlli sull’acqua potabile, in particolare quelli supplementari legati a quelle sostanze in più di cui è probabile la fondatezza che si trovino all’interno delle acque. E’ vero che manca il profilo del dolo, ma la sentenza non esclude la negligenza pur non essendo questo rilevante a livello penale. Quanto invece all’accusa di avvelenamento, che è l’aspetto più sostanziale, non c’è la certezza se quelle concretrazioni di tallio riscontrate nella rete idrica fossero tali da arrecare pregiudizio per la salute umana. E’ evidente che nel dubbio, dopo aver analizzato diverse consulenze in cui ognuno tirava l’acqua al suo mulino, si sia andati verso l’assoluzione, non essendoci appunto alcuna certezza. Alla fine non è stato dissipato il margine di incertezza e dubbio sulla pericolosità del tallio per la salute umana e ci auguriamo, a questo punto, che eventuali studi e indagini diano risultati confortevoli". L’epilogo vede i cinque avvocati prendere atto della decisione dei giudici, senza però indietreggiare di un centimetro dalle loro convinzioni. "Le motivazioni della sentenza non ci hanno colto di sorpresa – concludono – pur lasciando dei dubbi sull’avvelenamento dato che non c’è alcuna prova che possa dimostrarlo. Cosa può succedere? Solo la pm Lucia Rugani potrebbe impugnare la sentenza, mentre noi possiamo agire solo sotto il profilo della responsabilità civile, al fine di ottenere un risarcimento. Valuteremo se muoverci in questa direzione". Ma nove su dieci non succederà.

d.m.