Conclusa l’inchiesta sul femminicidio di Altopascio

La Procura potrebbe chiedere il giudizio immediato per Luigi Fontana, reo confesso dell’assassinio della moglie Carmela ad Altopascio

Carmela Fontana, la vittima, col marito Luigi Fontana, reo confesso del femminicidio

Carmela Fontana, la vittima, col marito Luigi Fontana, reo confesso del femminicidio

Altopascio (Lucca), 6 dicembre 2021 - La Procura ha chiuso l’inchiesta sul femminicidio di Altopascio che il 28 maggio scorso costò la vita a Maria Carmina “Carmela“ Fontana, 50 anni, uccisa a coltellate nella villetta al civico 17 di via Fermi dal marito Luigi Fontana, muratore 54enne. L’uomo, reo confesso dell’atroce delitto, si trova ancora in carcere, dopo un breve passaggio in ospedale nei giorni immediatamente seguenti. Il pm Alberto Dello Iacono potrebbe chiedere adesso il giudizio immediato per omicidio volontario, in modo da accelerare i tempi del processo in Corte d’Assise. Nessun dubbio sulla volontà omicida dell’uomo, anche se da parte della difesa all’epoca dei fatti si parlò di un possibile vizio di mente.

Alcune settimane dopo il femminicidio la Procura aveva incaricato la pg dei carabinieri di ascoltare i medici del reparto di Psichiatria dell’ospedale San Luca dove Luigi Fontana era stato ricoverato dal 28 maggio fino al 3 giugno. Questo per fare luce sullo stato psichico del 54enne di Altopascio e cercare di capire se lo stato di alterazione mentale dell’uomo sia scaturito dopo il femminicidio, oppure se l’operaio 54enne soffrisse già di un qualche disturbo psichico. La posta in gioco non è poca: l’esito delle testimonianze dei medici avrà il valore di una vera e propria perizia per la Procura. Decisiva per capire se Fontana fosse in grado di intendere e di volere al momento del delitto.

Carmela Fontana fu trovata morta quel 28 maggio poco dopo le 14 nella villetta al civico 17 di via Fermi ad Altopascio. Ad ucciderla erano state le numerose coltellate inferte dal marito con un coltello da cucina di una ventina di centimetri. L’uomo dopo l’omicidio era corso fuori di casa con le mani ancora insanguinate in stato di profondo choc. Dietro il gesto, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e in parte ammesso durante l’interrogatorio di garanzia, ci sarebbe stata una morbosa gelosia. Il muratore accusava la moglie di avere una relazione sentimentale con un’altra persona e da qui scattò la scintilla omicida. L’operaio di Altopascio si sentì poi male nella caserma dei carabinieri durante l’interrogatorio. Venne ricoverato nel reparto di psichiatria del San Luca, dove manifestò intenzioni suicide. Otto giorni dopo fu trasferito in carcere.