
di Marco Magi
Da pura lettrice di fumetti a disegnatrice (in gioventù), seppur con scarsi risultati – come ammette simpaticamente –, poi sceneggiatrice con traguardi lusinghieri e infine scrittrice di romanzi di successo. La spezzina Susanna Raule – nuova protagonista di ‘Racconti d’autore’, con un suo racconto inedito sulle edizioni di venerdì e sabato de ‘La Nazione’ - archiviata l’esperienza di psicologa e psicoterapeuta in strutture pubbliche e con uno studio privato, si è proiettata nel mondo della scrittura a tempo pieno, fra libri e collaborazioni con riviste prestigiose.
Un percorso ormai concluso con l’approdo nel mestiere prediletto?
"Sono passata, da sceneggiare, a scrivere unicamente narrativa semplicemente perché mi piace di più. Ogni tanto mi capita ancora di lavorare per piccoli progetti, ma il fumetto non mi diverte: una scrittura troppo tecnica, legata a una scaletta ben precisa, in cui devi tenere bene a mente il numero di pagine che durerà ogni scena. La scrittura creativa è più divertente".
Il rapporto con Spezia?
"La amo assolutamente. Sono tornata a viverci perché sono le mie radici, dopo aver studiato e lavorato fuori. È una città che comprendo e dalla quale, al contempo, mi piace pure allontanarmi. Mi sposto molto, per lavoro soprattutto in occasione delle presentazioni dei miei libri, e per svago, magari per seguire una mostra interessante".
Tende a visitarla anche solo passeggiando?
"Vivo di fronte alla Stazione centrale e giro spesso a piedi, talmente di frequente da far scaricare la batteria della macchina che rimane sempre ferma".
È una grande osservatrice? Le persone che incontra stimolano i suoi pensieri?
"In realtà, quando passeggio, non vedo niente. Il mio compagno mi prende in giro sui nuovi negozi che aprono e non so, oppure su chi non riconosco. Quando qualche amico mi ferma e mi dice ‘Hai visto cosa è successo?’ e mi racconta, a quel punto vengo coinvolta dalla vita cittadina. Intanto, con la mente, vago".
Non pensa che l’ambientazione ‘sprugolina’ dei romanzi ne limiti la popolarità?
"Spezia la conosco bene ed è per questo che ne riesco a dipingere facilmente idiosincrasie e follie. L’ultimo libro, invece, è ambientato quasi completamente a Los Angeles, e anche in quel caso ho dovuto impegnarmi in un lavoro certosino per riuscire a orientarmi. Volevo rendermi conto del percorso del personaggio, nelle strade dove magari vi sono dei lavori in corso. Ognuno deve muoversi in un’ambientazione reale, anche quando reale non è, come quando le scene sono nell’Aldilà. Nella mente mi costruisco una sorta di mappa".
Legge molto, lo sappiamo...
"Fantascienza in particolare, poi la letteratura generica, soprattutto i contemporanei, visto che di classici ne ho divorati in quantità da adolescente. Alcuni libri li ho sfogliati infinite volte come ‘Il maestro e Margherita’, però tendenzialmente affronto gli autori degli anni più recenti, e non necessariamente quelli di ‘supermoda’. Poi seguo dei miei percorsi, approcciando un’opera che tratta una certa questione, dopo aver ricevuto l’input da una precedente".
Quali sono le tematiche esplicite e implicite dei suoi romanzi?
"Quelle sociali, perché sono sempre stata attenta a cosa succede nella società e in politica. Si parla dell’emancipazione femminile e della donna in generale, ma ad essere centrale, oltre all’integrazione, è soprattutto l’essere umano e la sua psicologia".
Esperienze lavorative e il mondo che osserva: cosa finisce nei suoi libri?
"Tutta la mia vita, certo, anche le visite degli ex pazienti seppur non riconoscibili, e perfino ogni passo del quotidiano. Le litigate col mio compagno? Sì, pure quelle".
Progetti futuri?
"A maggio sarebbe dovuto uscire il secondo volume della trilogia de ‘Il club dei Cantanti Morti’, intitolato ‘Il detective fantasma’, ma l’editore Fanucci, giustamente, ha modificato i piani, visto che non aveva senso pubblicare durante il lockdown. Ho già pronto anche il terzo volume, un provvisorio ‘Il violinista fuggito dall’inferno’, oltre alla nuova avventura del mio amato commissario che, teoricamente, dovrebbe chiamarsi ‘Furiosi Sensi’".
Per il nostro giornale, nel racconto, affronta il tema della movida spezzina. Perché?
"Osservando i vari sociali network, mi faceva proprio ridere quanto la gente fosse incattivita sull’argomento, con scambi verbali assai pesanti. Questo mentre a Spezia non vi sono medici e manca un ospedale ad esempio, insomma, tanti altri problemi decisamente più gravi. La popolazione avrebbe diritto di essere molto arrabbiata per le faccende serie, però poi si scontra sulla movida in centro, se sulle spiagge si può andare oppure no, o sulle altre vicende della quotidianità che comprendo benissimo, ma che sono sicuramente secondarie".