Operaio morto per un carcinoma, Enel condannata a pagare

Il giudice del lavoro ha stabilito un risarcimento di 180mila euro per i familiari

L’avvocato Roberto Quber ha difeso i familiari del lavoratore Enel morto per l’amianto

L’avvocato Roberto Quber ha difeso i familiari del lavoratore Enel morto per l’amianto

La Spezia, 21 novembre 2019 - La centrale termoelettrica dell’Enel ha causato la morte di un suo dipendente per violazione della normativa in materia di amianto. E dovrà risarcire la vedova e i tre figli. È quanto ha sentenziato, anche se non sono ancora note le motivazioni, il tribunale della Spezia in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza n. 417/2019, pronunziata dal dottor Giampiero Panico che ha condannato Enel S.p.A. ed Enel Produzione S.p.A. a risarcire gli eredi del lavoratore deceduto con un importo di 180mila euro.

La vicenda processuale riguarda la storia lavorativa di un operaio dipendente della centrale dal 1964 al 1991, quando cessò il rapporto di lavoro per raggiungimento della pensione. Nel 2006 al lavoratore fu riconosciuta un’asbestosi causata dall’amianto che era massicciamente presente nella centrale, spesso allo stato friabile e, quindi, soggetto ad essere inalato. Nel 2010 gli fu diagnosticato un carcinoma polmonare che nel luglio 2015 ha causato la morte del lavoratore, per la quale i suoi eredi, la vedova e tre figli, difesi dall’avvocato di fiducia Roberto Quber, hanno addebitato la responsabilità al datore di lavoro chiedendo i danni. L’Enel si è difesa sostenendo che le norme di protezione contro l’amianto adottate nelle sue centrali erano molto avanzate tanto che il suo dipendente in pensione non è morto per mesotelioma pleurico, il tumore tipicamente connesso all’amianto, ma per un carcinoma polmonare causato dal fumo di sigaretta. Testimoni e vecchie perizie tecnico-ambientali hanno confermato che nella centrale di Vallegrande le fibre aerodisperse di amianto erano presenti in concentrazioni significative e pericolose per la salute.

Quanto al fumo, l’avvocato Quber ha sostenuto che il carcinoma è un tumore multifattoriale che, nel caso specifico, è stato causato sia dal fumo che dall’amianto: l’esistenza di una concausa non assolve l’amianto né il datore di lavoro che vi ha esposto il suo dipendente. I 180mila euro al cui pagamento il giudice Giampiero Panico ha condannato l’Enel risarciscono gli eredi per le sofferenze patite in vita dal loro familiare, ma non quelle spettanti per il danno esistenziale subito personalmente da ciascuno di loro per avere perduto un punto di riferimento affettivo di grande importanza quale è un marito o un padre. Per questo secondo tipo di danno i familiari del lavoratore, sempre difesi dall’avvocato Roberto Quber, hanno nuovamente convenuto in giudizio l’Enel di fronte alla sezione civile dello stesso tribunale della Spezia: questa seconda sentenza è prevista per la seconda metà del 2020.