Dallo Spezia in serie D alla nazionale ungherese La grande ascesa dell’allenatore Marco Rossi

"Ricordo una tifoseria appassionata e calorosa e un presidente Volpi motivato nel costruire qualcosa di importante: mi ha sorpreso che abbia venduto"

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di Gianluca Tinfena

La vita ti toglie e poi ti dà improvvisamente quando meno te lo aspetti. È una frase che unisce da un filo apparentemente invisibile lo Spezia e il nostro ospite di questa settimana.

Una storia di 13 anni, dal 2008 al 2021, fatta di delusioni, imprevisti, risalite e incredibili successi per l’ex mister del primo Spezia di Volpi Marco Rossi, attualmente Ct dell’Ungheria.

Mister cosa ricorda di quell’annata nei dilettanti?

"Iniziammo in grande ritardo rispetto ad altre squadre con un mercato fatto in fretta senza più giovani validi in circolazione da schierare come under da regolamento. A gennaio ci eravamo rafforzati perché convinsi Jacopetti a prendere due ottimi giocatori come Lazzaro e Capuano. Non bastò per vincere e finimmo al secondo posto. Ricordo una tifoseria super appassionata e calorosa e un presidente Volpi motivato nel costruire qualcosa di importante. Mi ha stupito aver appreso della cessione della società, evidentemente ha deciso di lasciare dopo aver portato lo Spezia ad altissimi livelli. La cosa importante è quella di aver venduto a imprenditori seri in grado di garantire un futuro solido".

L’abbiamo lasciata nel 2009 con l’addio allo Spezia, la ritroviamo nel 2021 eroe sportivo di una nazione come l’Ungheria. Cosa è successo nel frattempo?

"Dopo Spezia, ho allenato in C con Scafatese e Cavese. Sono sincero nel dire che dopo la brutta esperienza di Cava de’ Tirreni del 2011 sono stato molto vicino ad abbandonare il mondo del calcio. Ho trascorso un periodo difficile. Ero già d’accordo con mio fratello, avrei frequentato un corso per lavorare con lui in uno studio di commercialisti. Poi come si dice in questi casi è arrivato un segno del destino, la possibilità di mettermi in gioco nel campionato ungherese sulla panchina dell’Honved. Accettai per un motivo in particolare: mio nonno da bambino mi accompagnava agli allenamenti nelle giovanili del Torino e mi ripeteva a memoria la formazione del grande Toro di Mazzola e dell’Honved di Puskas. Accettai spinto da questo ricordo e dalla voglia di nuove avventure".

Diciamo che Ferenc Puskas dal cielo l’ha accompagnata nei suoi successi...

"L’Honved di Puskas degli anni ‘50 non è l’Honved che ho trovato io. Ma con la programmazione siamo riusciti a vincere nel 2017 il campionato da matricola 24 anni dopo l’ultima volta per il club. L’anno dopo ho allenato in Slovacchia il Dunajska Streda in una città di tradizione ungherese proprio al confine tra i due paesi, quindi nel 2018 e’ arrivata la proposta della federazione di allenare la nazionale".

È riuscito a centrare il traguardo di qualificare l’Ungheria al secondo europeo consecutivo per la prima volta nella storia, approdare alla lega A di Nations League e iniziare benissimo il percorso di qualificazione ai prossimi mondiali. Qual è il suo sogno ancora da realizzare?

"Stiamo vivendo un ottimo momento. In questi anni il calcio qui ha ritrovato un buon livello grazie alla programmazione. Il governo ha investito sulle infrastrutture sportive con nuovi stadi e soprattutto ogni club ha un proprio centro sportivo con foresteria e accademia per i giovani. In estate ci giocheremo al meglio le chanche all’europeo. Per il futuro c’è tempo, ho un contratto che scade nel 2025".

C’è un giocatore della nazionale ungherese che non gioca ancora in un top club da consigliare allo Spezia?

"Il primo è un centrocampista centrale completo in tutto si chiama Zsolt Kalmar classe 1995 e gioca in Slovacchia a Streda. Il secondo è già a un buon livello perché attualmente gioca in Turchia nel Fenerbahce: Attila Szalai del 1998 centrale difensivo di piede mancino".

Ho letto che il primo ministro Orban è un appassionato di calcio. Ha avuto modo di conoscerlo?

"Certo che si. A lui mi lega un rapporto speciale. Ci sentiamo molto spesso al telefono. Posso dire che lui se ne intende di calcio molto di più di quanto io possa capirne di politica. È un nostro grande tifoso e si tiene sempre aggiornato".

Ha lasciato un conto sospeso con il calcio italiano. Un giorno le piacerebbe tornare ad allenare in Italia?

"Non ho da dimostrare nulla, ma se devo essere sincero un giorno mi piacerebbe chiudere il cerchio allenando il Torino. Chissà se il destino, lo stesso che mi ha portato in Ungheria, sarà ancora una volta tra qualche anno dalla mia parte".