REDAZIONE LA SPEZIA

Calunnia nei confronti di un senatore. Pazienza viene assolto dall’accusa

Ha fatto centro la tesi difensiva dell’avvocato Niccolini: è mancato il dolo

Calunnia nei confronti di un senatore. Pazienza viene assolto dall’accusa

Francesco Pazienza, ormai lericino d’adozione, è stato assolto dall’accusa di calunnia nei confronti del senatore Vincenzo Mario Domenico D’Ascola, "perché il fatto non costituisce reato". La sentenza è stata pronunciata dal tribunale di Firenze per fatti che risalgono al 2017. Ha fatto centro la tesi dell’avvocato Aldo Niccolini, difensore di fiducia di Francesco Pazienza. Ha sostenuto che il suo assistito non ha accusato D’Ascola sapendolo innocente, ma per aver riferito cose che gli erano state dette da un’avvocatessa. Mancava il dolo, quindi. Lo stesso pubblico ministero, infatti, aveva chiesto l’assoluzione.

Pazienza era stato rinviato a giudizio perché nell’ambito di un procedimento penale della procura di Reggio Calabria, nel corso delle informazioni testimoniali rese agli ufficiali di polizia giudiziaria negli uffici della Dia di Firenze, avrebbe accusato, sapendolo innocente, Vincenzo Mario Domenico D’Ascola di abuso di ufficio e di favoreggiamento personale. Avrebbe affermato che, relativamente alla procedura di ratifica del trattato internazionale fra Italia e Emirati Arabi in tema di estradizione e cooperazione giudiziaria "la vera storia è che lì c’è dietro chi spinge... ha spinto per non ratificare un avvocato di Reggio Calabria che è anche senatore". Facendo riferimento a D’Ascola, che è stato anche presidente della commissione giustizia dal 2016 fino al 2018, il quale sarebbe stato spinto dallo scopo di favorire e aiutare un latitante, nell’ambito di un procedimento penale della procura di Reggio Calabria, ad eludere le investigazioni in corso e riferendo falsamente che D’Ascola sarebbe stato il difensore di quel latitante.

E’ la terza volta che Francesco Pazienza viene assolto a Firenze, le precedenti per fatti che risalgono agli anni ’80 che avevano coinvolto due magistrati.

Massimo Benedetti