Anziano trovato cadavere nella camera bruciata Tre indagati a processo

Ieri l’udienza preliminare sull’incendio sviluppatosi alla San Vicenzo. Assolta, all’esito del giudizio abbreviato, l’operatrice socio-sanitaria.

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Anziano trovato cadavere nella camera bruciata Tre indagati a processo

Un’assoluzione con la formula dubitativa (all’esito del rito abbreviato) e tre rinvii a giudizio. Così a poco meno di tre anni dalla tragedia, la giustizia segna una svolta nell’inchiesta per la morte di Vivaldo Ceccanti, il pensionato di 77 anni deceduto la sera del 24 luglio 2020 nell’incendio che, innescato dalla sigaretta che fumava, è divampato nella stanza al terzo piano della rsa San Vincenzo di via Palmaria. Chiamati il 6 settembre a difendersi in tribunale dall’imputazione di concorso in incendio e omicidio colposo saranno il direttore della struttura Pierpaolo Rebecchi, il legale rappresentante della cooperativa capofila nella gestione della casa di riposo per anziani Giacomo Linari e l’infermiera Eleonora Bosoni. Esce di scena invece l’operatrice socio sanitaria Claretta Vio che era di turno la sera dell’incendio e che era stata a sua volta incriminata. La richiesta di rito abbreviato formulata dall’avvocato difensore Massimiliano Sagradini, con discussione del processo allo stato degli atti, si è rivelata vicente per traguardare l’obiettivo dell’assoluzione. Alla oss e all’infermiera era stato contestato di non essersi accorte per tempo del rogo, della sua localizzazione e di aver ritardato la richiesta di intervento dei Vigili del fuoco (8 minuti dopo l’attivazione dell’allarme antincendio che, in un primo momento, venne ritenuto non veritiero con tentativi di disattivazione dello stesso).

Sagradini nella sua difesa ha escluso responsabilità dell’assistita sul piano dei ruoli (ha agito su comando) e in conseguenza dei deficit del sistema dell’allarme, rivelatosi fuorviante quanto a localizzazione della stanza teatro dell’incendio. Resta in piedi l’altra prospettazione dell’accusa. Secondo il pm Elisa Loris un’infermiera e un’oss non erano sufficienti a garantire il servizio ai 61 ospiti della struttura. Sul punto, con riferimento alle disposizioni di Alisa, la contestazione si allunga nei confronti dei vertici della rsa e della coop che gestiva il servizio. Agli stessi viene attribuita anche la colpa di non aver dato corso ad un’idonea regolamentazione del divieto di fumo e dell’altolà all’ingresso nella Rsa di strumenti pericolosi, come l’accendino col quale Vivaldo accese la sigaretta che innescò il rogo. I familiari della vittima sono già stati risarciti per via assicurativa e, per questo, non si sono costituiti in giudizio.

Corrado Ricci