Amianto, ministero condannato

Risarcimento di 670mila euro ai familiari di un arsenalotto morto

L’avvocato Pietro Frisani

L’avvocato Pietro Frisani

La Spezia, 31 gennaio 2019 – Mentre la giustizia penale - a fronte del mancato riconoscimento di prove all’esito del dibattimento - ha fatto muro alle aspettative dei familiari delle vittime dell’amianto, la giustizia civile sta consolidando la sua funzione di ristoro. La sentenza arriva da Genova a favore dei familiari di un arsenalotto spezzino morto, a 62 anni, nel 2012, per un mesotelioma pleurico a causa dell’esposizione alle fibre killer. I giudici hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno parentale e hanno condannato il Ministero della Difesa al ristoro. Una ferita da sanare con 670mila euro da ripartire tra la moglie (260mila) e due figli (200mila ognuno). Lo ha deciso il giudice Alberto La Mantia, della seconda sezione civile del Tribunale di Genova, accogliendo l’istanza degli avvocati Pietro Frisani ed Emanuela Rosano del foro di Firenze, e attivi nelle azioni a tutela delle persone che piangono congiunti spirati a causa del conto presentato a distanza dall’amianto.

Il giudice ha accertato la responsabilità del ministero della Difesa in relazione alla patologia contratta dal dipendente in servizio dal 1967 al 1994, con mansioni di carpentiere e addetto ai bacini di carenaggio dell’Arsenale spezzino. Il magistrat, ha sottolineato come vi fosse una colpa grave in capo al datore di lavoro che aveva omesso le necessarie misure di sicurezza per tutelare i lavoratori. «Le dimensioni e l’organizzazione del ministero della Difesa - si legge in sentenza - erano tali da rendere esigibile la massima diligenza e attenzione nell’adeguamento alle conoscenze scientifiche concernenti il proprio settore di operatività».

In relazione al danno subito dai congiunti per la perdita del rapporto parentale il Tribunale di Genova ha sottolineato come il danno da perdita del rapporto parentale va al di là del mero dolore che la morte di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi nella «irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità». Che giustifica il quantum stabilito a titolo di risarcimento: 670mila euro, incassabili solo quanto la sentenza passerà in giudicato; resta infatti praticabile l’appello da parte del Ministero.

Corrado Ricci