Quando piccolo è bello. La Stella polare del cinema di qualità: "Così vinco le sfide"

Gianni Burroni da ventidue anni gestisce la sala di via Mameli con una programmazione molto diversa da quelle delle multisale "Film ricercati, spesso fuori dai grandi circuiti. Ma di alto livello".

Entri, ti siedi su una poltrona rossa, si spenge la luce e dopo poco inizia una storia sullo schermo. Chissà cosa c’è dietro a tutto ciò, però. Davanti alle poltrone c’è un palco sicuramente. Perché? Due porte che si aprono, di cui una con una stella disegnata, un corridoio e l’inizio di una grande storia di un punto fermo grossetano. Porte che si aprono, nonostante siano statiato le chiavi. "Però io vado avanti", dice con orgoglio Gianni Burroni, proprietario del Cinema Stella. La sala cinematografica grossetana di via Mameli che resiste nonostante l’arrivo dei multisala. Stella, come le stelle dei cinema? No. Di solito è lui a proiettare i film, le storie dentro le pellicole. Ma anche lui ha una storia unica. Non resta, allora, che mettersi seduti, proprio come è consuetudine fare al cinema e scoprire un’altra storia.

Qual è la storia del Cinema Stella?

"Dobbiamo tornare indietro di ventidue anni. Questa sala non era così. Era utilizzata per il post lavoro dei ferrovieri. Facevano feste e spettacoli teatrali, sopratutto commedie napoletane di cui è ancora viva la compagnia teatrale Il teatraccio. Dopo esser stato a Roma, sono arrivato a Grosseto e ho trovato questo posto a cui mancava l’agibilità. Con il tempo, ho tolto tutto ciò che era di vecchio stile e l’ho ammodernato".

Che cinema è? Che tipi di film vengono scelti?

"Negli anni sono riuscito a fare il cinema d’essai. Non commerciale per eccellenza. La tipologia di film è ricercata, che riguardano tematiche attuali. Sono film con grandi storie, come ‘Tatami’, la protagonista Leila è una judoka iraniana che sogna l’oro ai Campionati mondiali di judo. Sono passati film che hanno raccontato tragedie immani, come Persepolis".

Come sono cambiati i tempi nel cinema?

"Il futuro è nella digitalizzazione. Il digitale è migliore, non si rompe, è pulito, non si riga, silenzioso. Prima c’erano tante interruzioni perché l’operatore si era distratto e la lampada aveva bruciato la pellicola, ad esempio. Ecco perché le cabine di proiezioni erano staccate dal pubblico. Il proiettore di adesso potrebbe stare accanto alle poltrone. È all’avanguardia".

Poi l’arrivo dei colossi delle multisale. Dal 2010 tutto è cambiato. Com’è riuscito a superare le difficoltà?

"Hanno fatto tanta paura. La fortuna è quella di essere piccolo. Dico con una punta di orgoglio che sono sopravvissuto al Marraccini, Moderno, Europa, The Space e Aurelia Antica. Quando hai delle aspettative corrette e misurate alla tua portata le sopporti. Io non ho ambizioni o aspettative enormi. Mi accontento di fare bene il mio lavoro, proporre bei film e se c’è il momento di difficoltà avere la capacità di sopportarlo".

Qual è la sua filosofia?

"O ci credi o non ci credi. Sono un uomo con la fede. Inoltre proietto film in cui ho fiducia. Senza piegarmi a fare un cinema narcisistico, senza tante ambizioni".

E la strategia per avere ottimi film?

"Vado a ricercare i film, e quando vedo che sono meno distribuiti nelle multisale contatto direttamente chi ha i diritti. Però non nego che dovendo arrivare a fine mese, scelgo anche qualche film commerciale, i migliori. Galleggio tra film drammatici e commedie".

Quali sono i tipi di spettatori?

"Sono persone non più giovanissime. Vengono volentieri e si fidano. Se lo propone il Cinema Stella c’è un valore nascosto"

Come mai Stella?

"È il nome di mia figlia. Si chiama Maria Vittoria Stella".

Come inizia la serata?

"Entro, faccio il giro dietro lo schermo, raggiungo la cabina. Poi spengo le immagini di intrattenimento e parto con il film. Nessuno mi vede mai, come una magia".