REDAZIONE GROSSETO

Leonardo, addio straziante e gonfio di rabbia

Ieri i funerali nella chiesa del Cottolengo. Don Giampaolo: "Ogni parola non serve. Non c’è una spiegazione. Serve solo la fede"

Le rose sulla bara. Un orsetto in terra. E poi le orchidee. Bianche. Nel mezzo la sua foto Tra due ali di palloncini. Centinaia le persone che ieri pomeriggio, hanno sfidato l’afa per andare a salutare Leonardo Mazzei, il quattordicenne travolto e ucciso da un’auto. Una giornata triste, impregnata dalle lacrime di ogni singfola persona che ieri, all’arrivo della bara nel piazzale della chiesa del Cottolengo, ha versato. Impossibile rimanere indifferenti alla morte, soprattutto se riguarda quello che era poco di più che un bambino. Attoniti gli anziani. Esterrefatti i ragazzi con le maglie del Roselle, la società che lo aveva visto piccolo iniziare a dare due calci ad un pallone. Disperati gli adulti. Quelli che Leonardo lo avevano visto, nascere crescere e poi, purtroppo, anche morire. Travolti dal dolore i genitori, la sorella e i parenti. Insieme si sono stretti in un caloroso abbraccio mentre la bara bianca stava salendo le scale della chiesa. Gremita di gente già da qualche ora. La chitarra e il coro della chiesa hanno iniziato la messa, straziante "che sta mettendo a dura prova la fede che è in ognuno di noi - ha detto don Paolo prima dell’inizio - Ma è solo quella la nostra ancora di salvezza in questo momento di grande dolore. Chi più chi meno deve mettere in campo tutto quello che ha per riuscire a capire e sopportare quello che è accaduto a questo ragazzo. Solo la fede può darci la speranza di accompagnare gli altri ragazzi che erano con lui, a superare - se possibile - quello a cui hanno assistito". Difficile capire. Spiegare il "perchè" possa accadere una cosa del genere. Un paradosso della vita che però esiste. Ed è presente. "Nessuno di noi sarebbe voluto essere qui in questo momento - ha iniziato don Giampaolo nella sua omelia funebre con la voce rotta dal pianto e dalla rabbia - Ogni parola adesso non serve a niente. Conforto o speranza deve essere trovata dentro di noi. Ho pensato tanto a cosa dire - ha aggiunto il parroco - e anche io ho dovuto mettere in gioco la mia fede. Ma purtroppo non c’è risposta. L’unica cosa da fare è pensare che Leonardo continuerà la sua vita. Una vita proiettata nell’eternità". Mamma Laura e babbo Stefano, con gli occhi fissi sulla bara del figlio, non hanno mai smesso di piangere. Poi un lungo applauso. "Charitas christi urget nos", c’è scritto all’interno dell’abside del Cottolengo. Ovvero "L’amore di Cristo ci spinge". Anche a guardare il funerale di un figlio di 14 anni. Forse l’unica certezza, per chi ci crede, in un mare di disperazione.

Matteo Alfieri