
I segreti del liutaio: "Creare a mano uno strumento è come fare un gioiello"
Incanto. Proprio come d’incanto si rimane dove un semplice ma fondamentale pezzo di legno si trasforma in un’opera d’arte suonante. Questo incantesimo di esperienza e studio, ma sopratutto tanta passione è fatto da chi fa un mestiere molto antico, classico, raffinato, d’altri tempi. Già nelle opere del Cinquecento erano presenti queste creazioni, rimaste invariate nel tempo. Il suo nome sembra uno scioglilingua e non è molto conosciuto, anche se, chi vive di musica, eccome se lo conosce. Il liutaio, l’artigiano che crea e ripara il quartetto d’archi composto da violino, viola, violoncello e contrabbasso è un mestiere non comune ma a Braccagni, invece, c’è una bottega dove gli strumenti prendono vita. È un luogo intimo, che racchiude tutta l’esperienza di chi lo gestisce, Umberto Bernabò.
Una professione che le è stata tramandata?
"No. È cominciato con la passione per il violino, suonandolo. Alle medie fantasticavo su come crearlo. E vedendo il programma ‘Portobello’ mi appassionai vedendo un liutaio di Cremona. Così decisi di frequentare l’istituto internazionale per l’artigianato liutale del legno a Cremona. Lì insegnano a costruire gli strumenti a mano. I miei genitori mi hanno sostenuto, così sono partito. Aveo 14 anni e per due anni ho vissuto in collegio con i preti. Era inusuale nel 1987. Dopo aver fatto il militare, sono andato a Roma ed ho fatto l’insegnante per un corso di liuteria, poi sono tornato a Grosseto".
Che tipo di lavoro è?
"Di nicchia. Fare strumenti musicali a mano e come creare un gioiello su misura. Il 99% li compra già fatti, l’altro 1 per cento va dal liutaio. Occorre tempo, oltre all’esperienza. Per fare un violino serve un mese e mezzo, per il contrabbasso anche cinque mesi. Ho venduto sopratutto all’estero. La liuteria è un lavoro fermo nel tempo e forse è proprio questo uno dei problemi".
E gli altri quali sono?
"Le multinazionali. Negli anni, ad esempio, il mercato cinese si è rafforzato diventando molto competitivo, dandoci filo da torcere. Sono venuti qui, hanno imparato. Sono bravi e vendono a basso costo, facendoci una concorrenza spietata".
Come è cambiato il lavoro?
"Prima c’era più richiesta. Oggi, se un musicista necessità di uno strumento discreto senza tante possibilità lo trova. Anni fa c’era meno scelta, si faceva capo al liutaio".
Come si crea uno strumento?
"Partendo proprio da zero, dalla scelta del legno. Si usa l’abete rosso maschio per la tavola armonica e il legno d’acero marezzato. Legno d’ebano, invece, per la tastiera. Viene fatto tutto a mano, con vari strumenti come le sgorbie, piallette curve, piegafasce. Il violino è come una scultura. Quindi si assembla con colle reversibili animali. Dopodiché si vernicia con un mix di resine sciolte nell’alcol. Occorrono almeno venti passate".
Ha una creazione a cui è più legato?
"Il primo violino fatto a mio figlio, che è un musicista. È stato il primo strumento che ha suonato. All’interno c’è una dedica".
Quale pensa sia il futuro della bottega?
"Penso che chiuderò, non ci sono prospettive per lasciarla ad altri. Sarebbe stato bello poterla lasciare a un figlio o un’altra persona con questa passione, per tramandare e non fare perdere anni di esperienze".
Lì, dove vengono creati veri scrigni del suono, pronti a vivere la loro storia sia con futuri apprendisti, sia nelle grandi orchestre, c’è quella scalinata che Umberto Bernabò sale ancora. Con meno frequenza, ma con la stessa passione che lo ha avvicinato a quell’affascinante mondo. E fa sue le parole di Cartesio, come motto per la vita: Dubium sapientiae initium. Il dubbio è l’inizio della sapienza. Quello stesso dubbio che circonda il futuro della liuteria.